"THE END"

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domenica 15 dicembre 2013

Krishnamurti e la percezione diretta della verità


Prof. P. Krishna

Krishnamurti è stato uno dei pensatori più originali del nostro tempo, ha investigato domande fondamentali sullo scopo della vita, sul vero significato di amore, religione, tempo e morte, senza cercare risposte in nessun libro o nelle scritture e senza accettare alcun credo, religione organizzata o scuola di pensiero.
Come il Budda, egli ha cercato le risposte a queste domande attraverso l’osservazione, l’indagine e la conoscenza di sé e ha raggiunto una percezione diretta della verità che sta oltre i concetti intellettuali, le teorie e le descrizioni. Non era uno studioso o un intellettuale, non si occupava di teorie o concetti, parlava partendo solo dalle proprie indagini e osservazioni.
Quello che ha detto può essere stato detto da altri prima di lui, ma egli è giunto alla verità per conto proprio. In un’epoca dominata dalla scienza e dall’intelletto, ha sottolineato i limiti fondamentali del pensiero e della conoscenza come mezzo di reale cambiamento.
In questo articolo mi propongo di riflettere su alcuni aspetti essenziali del suo insegnamento e su alcune delle grandi verità da lui esposte ...
1. La fonte di tutti i problemi umani, piccoli e grandi, si trova nella psiche dell’individuo.
Durante i milioni di anni o più di esistenza dell’uomo su questo pianeta, la sua conoscenza del mondo esterno si è evoluta enormemente incrementando il suo potere e la sua capacità di far fronte alle calamità naturali. Interiormente, nella coscienza, l’uomo invece non si è evoluto un granché: é ancora molto simile all’uomo primitivo – pauroso e insicuro, organizzato in gruppi (religiosi e nazionali), sempre in lotta e pronto alla guerra, alla ricerca di vantaggi per sé odiando gli altri. E’ ora in grado di andare sulla luna e di comunicare con l’altra parte del globo in pochi minuti ma trova ancora difficile amare il proprio vicino e vivere in pace.

Nonostante oggi sia in grado di nascondersi dietro un mucchio di belle parole e pensieri, l’uomo moderno è brutale, egoista e violento, avido e possessivo come l’uomo primitivo di milioni di anni fa.

Questo sviluppo squilibrato dell’essere umano lo ha portato vicino all’auto-annientamento. Si trova ora sull’orlo della guerra nucleare, a un soffio dalla totale estinzione. Il potere datogli dalla sua grande conoscenza non è stato accompagnato dalla giusta qualità di intelligenza e visione necessarie, perché? Perché psicologicamente non ci siamo evoluti? Forse perché non abbiamo mai diretto la nostra attenzione interiormente, per capire la nostra mente, i nostri pensieri e sentimenti? Siamo così soddisfatti, così presi dalle nostre acquisizioni, dal nostro “progresso” nel mondo esterno, che abbiamo completamente trascurato il mondo interiore della nostra coscienza. Nell’uomo primitivo l’odio poteva produrre solo danni limitati, nell’uomo moderno tutto questo potere è molto più devastante e le disastrose conseguenze sono sotto i nostri occhi ogni giorno intorno a noi

Continuiamo a pensare che organizzando meglio la società possiamo risolvere questo problema, ma si tratta di un’illusione profondamente radicata. Naturalmente nessuno è contrario ad un’efficiente organizzazione della vita quotidiana, ma non è possibile produrre una società pacifica e non violenta partendo da milioni di individui violenti, aggressivi, egocentrici, per quanto li si possa organizzare; con una società comunista, si ha la violenza del comunismo; con una società capitalista, si ha la violenza del capitalismo. Potete impedire che la violenza si manifesti in certe direzioni, ma si esprimerà comunque in altre. Molte rivoluzioni hanno avuto un inizio e una fine, ma la tirannia umana non è finita, ha solo assunto altre forme.

Una società veramente pacifica, non violenta, è possibile solo se l’individuo si trasforma, psicologicamente, fondamentalmente. Ogni altro cambiamento è superficiale, temporaneo, non potrà mai risolvere i problemi, ci permetterà solo di affrontarli in qualche modo per un certo periodo.

La società è ciò che è l’individuo. Proprio come le caratteristiche di una barra di rame sono determinate da quelle degli atomi che la compongono, le caratteristiche di una società sono determinate da quelle degli individui.

Tutti i problemi che rileviamo nella società di oggi sono il riflesso dei problemi nella psiche dell’individuo. Per questo dobbiamo preoccuparci della trasformazione dell’uomo e non solo dell’organizzazione esterna della società.

2. L’individuo cambia solo quando la sua coscienza cambia. La virtù non può essere praticata.

Tutte le religioni hanno cercato invano di cambiare l’uomo. Se ci fossero riuscite non avremmo oggi così tanta crudeltà, le guerre, l’odio.

Dobbiamo cercare di capire perché le religioni non sono riuscite a cambiare l’uomo e imparare da questo. Essenzialmente, ogni religione ha indicato una strada, una serie di virtù da praticare e di vizi da evitare. E l’uomo ha cercato per migliaia di anni di fare quello che veniva prescritto, ma non ha funzionato; la pratica di azioni virtuose non cambia la coscienza dell’uomo.

La pratica di atti gentili premeditati non produce la gentilezza nelle nostre coscienze; diventa un altro scopo da raggiungere nella vita, un altro metodo per ottenere autosoddisfazione. D’altro canto, se c’è gentilezza nel cuore, questa si esprimerà in ogni azione, in ogni pensiero e in ogni parola. Non si tratta di qualcosa che si possa praticare. Così come non si può praticare la non-violenza fintanto che si è aggressivi, violenti e pieni di odio. La non violenza diventa solo una facciata, un’ipocrisia esteriore, un comportamento calcolato.

Solo osservando le cause della violenza in se stessi ed eliminandole, non attraverso lo sforzo, ma attraverso la comprensione, ci può essere la fine della violenza.

E quando la violenza finisce non c’è bisogno di praticare la non violenza. Solo una mente pigra ha bisogno di disciplina!

La virtù non può essere praticata, non può essere coltivata, è uno stato della mente, uno stato della coscienza, che avviene con la conoscenza di sé, con la comprensione, con la chiarezza e il vero vedere. Non è qualcosa che si possa acquisire con lo sforzo, richiede un insight e l’insight avviene con l’osservazione, la riflessione, attraverso una sensibile consapevolezza.

E’ la percezione della verità che libera la coscienza dalla sua ignoranza e dalle illusioni; ed è l’ignoranza che genera disordine nella psiche. La bontà deve essere spontanea, altrimenti non è bontà.

Qualsiasi cambiamento del comportamento umano che derivi da paura, coercizione, disciplina, conformismo, imitazione e propaganda, non rappresenta un vero cambiamento nella sua coscienza, è una cosa superficiale, una contraddizione.



3. Verità, liberazione, illuminazione, non possono essere ottenuti da qualcun altro.

L’uomo è sempre dipeso da qualcuno che gli mostrasse la via: un guru, una religione, un libro. Krishnamurti ha sottolineato che la verità è una terra senza sentieri e che nessun guru, nessun sentiero o credo o libro vi ci può condurre. Dobbiamo essere luce a noi stessi, senza cercarla da qualcun altro. Il ruolo del guru è solo quello di indicare, è l’individuo stesso che deve imparare. E la capacità di imparare è molto più importante della capacità di insegnare.

In questo campo, nessuno può veramente insegnare qualcosa a un altro. Ciascuno deve incontrare la verità da se stesso, cominciando con il conoscere se stesso. Senza comprendere il processo del proprio pensiero e il condizionamento acquisito dalle proprie esperienze, tradizioni, cultura, religione, ecc., non si può trovare una vera risposta ad alcuna domanda seria. I nostri credi, opinioni, conclusioni e pregiudizi, ci impediscono di vedere le cose nella loro giusta prospettiva perché distorcono la nostra visione.

Dobbiamo essere ben consapevoli di questo fatto e dubitare di ogni opinione e conclusione ci venga in mente, perché potrebbe non rappresentare la verità.

Quando si indaga in se stessi in questo modo, con l’intenzione di cercare la verità e non semplicemente di essere soddisfatti, c’è il vero imparare. E dobbiamo vivere con questo stato di indagine, mettendo tutto in questione e in dubbio nella nostra vita, senza cercare di arrivare a qualcosa.

Quello che possiamo ricevere da un altro è un pensiero, una domanda, ma tocca a noi esplorare.

Se non incontriamo la verità per conto nostro, per noi non è la verità, è solo una descrizione della verità.

Questa è la differenza tra il Budda e un professore di filosofia buddista: il primo ha il reale insight, la consapevolezza, mentre il secondo ne ha solo una descrizione. L’uomo ha spesso confuso il simbolo, la parola, il concetto, con la cosa reale.

Un vero cristiano è quello che vive secondo il discorso della montagna - e lo si può fare solo avendo la stessa consapevolezza di Cristo - non quello che va in chiesa seguendo i vari riti.

Un vero buddista è colui che condivide la consapevolezza del Budda, non chi obbedisce alla chiesa buddista. Tutte le chiese, tutte le religioni organizzate, sono solo riuscite a ridurre la grande verità a semplici sistemi, simboli, riti.

Quello che conta non sono gli abiti, le etichette, ma il contenuto della coscienza.

Il ruolo di un maestro (il guru) è quello del lampione nella strada. Non dobbiamo sederci ad adorare il lampione, dobbiamo camminare.

Krishnamurti ripeteva continuamente che non era molto importante che si accettasse o si rifiutasse quello che egli diceva. Ciò che conta è che lo si consideri, lo si metta in questione e lo si esamini a fondo, in modo da scoprire per conto nostro se sia vero che ha valore.

Dato che la verità e la liberazione sono qualcosa che l’individuo deve scoprire da sé attraverso la propria indagine, qualsiasi organizzazione che cerchi di propagare “la verità” attraverso credi, conformismo o propaganda, serve solo a condizionare ancora di più la mente dell’individuo e a renderlo schiavo.

Un’indagine che abbia senso richiede libertà da tutti i credi, i pregiudizi, le conclusioni e i condizionamenti. Richiede una profonda consapevolezza di sè così come si è. Dal momento che la verità non può essere organizzata e diffusa, le organizzazioni che cercano di farlo non hanno alcun senso.



4. La comprensione intellettuale non è vera comprensione.


Spesso ci accontentiamo di una risposta intellettuale a una domanda, e questo mette fine alla nostra indagine. Quando questo succede, la comprensione intellettuale diventa un ostacolo alla scoperta della verità. E’ facile capire intellettualmente che non ci si deve preoccupare quando nostro figlio è ammalato; la nostra preoccupazione non aiuta il bambino. Possiamo aiutarlo chiamando un dottore e dandogli le medicine ed è quello che facciamo, naturalmente, ma questa logica conclusione ci impedisce forse di preoccuparci?

Il sapere che la rabbia è male ci impedisce forse di arrabbiarci? La verità è molto più profonda della logica e della ragione; e una risposta intellettuale non è una risposta completa. Così quando si capisce qualcosa solo intellettualmente si è capito molto poco. La comprensione intellettuale può essere utile in qualche campo, ma è solo superficiale. Può essere trovata in un libro o attraverso un altro, ma si tratta solo di uno schema mentale conservato nella memoria, non dovrebbe essere confuso con la realizzazione di una qualche verità.

Quindi, se la comprensione intellettuale è qualcosa di molto limitato, che cos’è che può rivelare la verità? Bisogna osservare se stessi e il processo dei propri pensieri, come uno scienziato osserva un fenomeno che gli interessa. Non vuole cambiarlo, lo osserva senza scelta, senza permettere ai propri desideri di interferire nell’osservazione.

Quando si osserva se stessi in questo modo, senza scelta e con una consapevolezza passiva, senza volersi formare in fretta un’opinione o giungere a una conclusione, ma con esitazione, con pazienza e scetticismo, per il gusto di comprendere se stessi e la vita, solo allora si può scoprire che cosa è vero e che cosa è falso e il falso svanisce da solo, senza alcuno sforzo di volontà. L’ignoranza si dissolve allora nella luce della comprensione. Senza un tale obiettivo e tuttavia con un’appassionata indagine di sè, delle proprie conclusioni, credi, attaccamenti, desideri e motivazioni, c’è ben poco significato nell’identificarsi con qualche gruppo, qualche teoria, con qualche credo, difendendoli come un avvocato per il resto della propria vita. E’ assurdo come dire: “Il mio paese è il migliore perché ci sono nato io”: eppure è questo il significato del nazionalismo.

E’ una tragedia per la nostra vita che non si venga educati a guardare noi stessi nel modo giusto. Ci insegnano solo a imparare ciò che riguarda il mondo esterno e ad affrontare in qualche modo i suoi problemi.

Così si cresce conoscendo molte cose sul mondo esterno ma completamente ignoranti riguardo se stessi, i propri desideri, le ambizioni, i valori e i modi di vedere la vita. Possiamo essere molto capaci nel nostro lavoro ma non sappiamo se il piacere porti la felicità, se il desiderio e l’attaccamento siano amore e perché le differenze fra gli uomini comportino l’ineguaglianza.

La felicità, l’amore, la non-violenza, l’umiltà, non sono cose che possiamo ottenere direttamente; sono gli effetti dell’indagine, della conoscenza di sé e della comprensione che purificano la nostra coscienza senza imporvi nessuna opinione fissa, nessun credo o modello di pensiero. Se si vede molto chiaramente, attraverso un esame accurato e preciso, che il perseguimento del piacere non porta alla felicità, allora il modo di vedere il piacere nella vita cambia radicalmente e la ricerca del piacere cade senza alcuno sforzo, sacrificio o repressione.

E allora c’è un’austerità naturale, completamente diversa dalla pratica autoimposta dell’austerità.

E allo stesso modo, se si realizza veramente, attraverso l’indagine e l’osservazione di sé, che essenzialmente non siamo diversi dagli altri esseri umani, perché ne condividiamo gli stessi problemi e paure, le insicurezze, i desideri, l’avidità, la violenza, la solitudine, il dolore e l’interesse personale, che operano nella coscienza di tutti noi, allora non ci sentiamo così diversi da un altro essere umano. A causa della nostra ignoranza diamo una tremenda importanza alle differenze superficiali che esistono tra di noi e che riguardano il credo, le proprietà, le conoscenze e le diverse capacità, che sono solo cose acquisite. Non ci siamo mai chiesti perché diamo tanta importanza alle nostre acquisizioni, perché lasciamo che dividano un uomo dall’altro quando, in realtà, condividiamo la stessa coscienza umana. Se si spoglia un uomo da tutto quello che possiede, ricchezze, status, credi, conoscenza e si guarda nella sua coscienza, è veramente diverso da un altro essere umano? Proprio come la casta, il colore o il credo di un essere umano non cambiano la composizione del suo sangue, le nostre acquisizioni mentali o materiali non alterano il contenuto della nostra coscienza. Se non ci impediamo di vedere la verità di tutto questo, ci rendiamo conto dell’unità che caratterizza tutto il genere umano.
E’ l’ignoranza che ci divide, non le differenze fra di noi.




5. Conclusioni

Il genere umano è prigioniero di una grande illusione: pensa di poter risolvere i suoi problemi per mezzo delle leggi, delle riforme politiche e sociali, del progresso scientifico e tecnologico, di una maggior conoscenza, di una maggior ricchezza, di un potere e un controllo maggiori. Forse con tutte queste cose potrà risolvere qualche problema, ma si tratta di problemi superficiali e temporanei; sono tutte cose che possono avere l’effetto dell’aspirina ma non curano la malattia.

Andremo avanti a creare nuovi problemi da un lato, cercando di risolverli dall’altro, portando avanti l’illusione del “progresso”. E adesso non resta molto tempo ormai, perché la malattia sta peggiorando a passi da gigante e sta quasi distruggendo l’uomo; se questi non si trasforma interiormente, mutando la sua psiche, si aggiungerà alla lista delle sfortunate creature che hanno vissuto un milione di anni fa su questo pianeta e che si sono estinte perché non furono in grado di adattarsi. Non è ancora sicuro se l’evoluzione dell’uomo dai primati sia stato un passo in direzione della sopravvivenza o un regresso. Solo il tempo lo dirà.

Prof. P. Krishna
Rector, Rajghat Education Centre,

Krishnamurti Foundation India
Varanasi 221001, India
www.pkrishna.org






Pubblicato da Catherine a 00:38

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