"THE END"

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martedì 1 ottobre 2013

LA MORTE: UN PASSAGGIO AD ALTRA FREQUENZA

Elisabeth Kübler-Ross (nata l’8.7.1926 Zurigo, morta 24.8. 2004 in Arizona) fu una psichiatra svizzera pioniera nello studio del NDE (near death experience: esperienza prossima alla morte) e sulla morte, di cui si occupò in relazione ai malati terminali e il lutto.

Tra le sue affermazioni:
"La morte è una esperienza incoraggiante”
”Mi rallegro all’idea della morte. Voglio presto danzare tra le galassie” (poco prima che morisse)

I suoi 25 libri sono stati tradotti in più di 30 lingue. Accompagnò migliaia di persone durante il trapasso e diede il via, solo negli USA, a ben 2500 hospice.
Franz Alt, un giornalista tedesco, la incontrò poco tempo prima della sua morte e le fece una intervista, che vi traduco e sintetizzo nel seguito. Questo giornalista la incontrò 2 volte nel deserto dell’Arizona, dove lei aveva deciso di vivere e brevemente poi in Svizzera, in occasione del festeggiamento del suo 75° compleanno. Qui avvenne l’intervista.

"Ho ancora un grande desiderio”, mi disse nel rivederla, "voglio morire e a dire il vero molto in fretta, preferibilmente questa notte." Era un bel giorno di Luglio, nei pressi di Basilea. Questa pioniera nella ricerca sulla morte mi aveva già detto un’altra volta queste parole: 3 anni prima a 45° di calore nella sua casa nel deserto nei pressi di Phoenix in Arizona.

"Come mai non funziona con la [sua] morte?", le chiedo. "Ha ancora delle questioni irrisolte da evadere?" Le parole "evadere questioni irrisolte" è un concetto chiave nei suoi libri..

Elisabeth Kübler-Ross, semiparalizzata sulla sedia a rotelle, ride: "Si, si. Devo imparare più pazienza e più amore per me stessa. Ma non sono in grado di farlo. Detto onestamente: non lo voglio. Trovo noiosa la pazienza e anche l’amore per me stessa non è una storia mia".


”Cosa ritiene sia la cosa più importante che lei ha fatto nella sua attività?" “L’aver tolto dalla toilette la morte e il morire… Solo in USA sono stata responsabile di 2000 hospice di malati terminali. Oggi i morenti possono scegliere, se voler andare dall’altra parte in casa, in un ospedale o in un hospice" .

Dall’altra parte? "Si. Non c’è la morte. La morte è solo un trapasso in un’altra frequenza ed è una esperienza meravigliosa.. La vita è molto più difficile della morte. La paura della morte è immotivata"

"Io stessa ho avuto una serie di esperienze prossime alla morte (NDA). Significa che sono stata dall’altra parte. So anche perciò di cosa parlo. Dopo la morte impariamo in primo luogo l’amore incondizionato. Là non c’è più alcun limite."

Lo sa o ci crede? "Una volta che uno è stato di là, non deve più credere. Allora si sa." Sicura? "Al cento percento." Aggiunge: "Ho costantemente un contatto con Gesù e con i miei angeli custodi. Ne ho 44" Come 44, voglio sapere…
"Probabilmente ne ho bisogno cosi tanti." Ride di nuovo.

Questi contatti sono dialoghi in solitaria oppure addirittura illusioni? Ma la questione con lei si fa seria: "Non sto dando i numeri. Su un tema del genere non mi va proprio di scherzare. Naturalmente non sento Gesù con le mie orecchie e non lo vedo con i miei occhi. Ma lo sento e lo vedo bene con il mio cuore e con il mio spirito. Questo entra molto più in profondità ed è molto più autentico delle percezioni limitate degli occhi e delle orecchie."

Nessuno muore da solo, dice Elisabeth Kübler-Ross. Per ogni morente “laggiù” lo attendono coloro che gli sono stati vicini. "E’ possibile fare una ricerca in merito. Molti morenti mi hanno raccontato questo. Non sono vaneggiamenti della mente. Ognuno può saperlo, ognuno di coloro che lo vuole sapere veramente. Ma i medici hanno paura di questa verità."

La dottoressa nonchè la ricercatrice sul tema morte non parla ancora serenamente di “medici”. Quando un paziente muore, per la più parte dei medici questo è ancora una catastrofe. "Per loro la morte è un nemico. Questo è il loro errore di base. E la causa è determinata dal fatto che non sono in grado di prestare ascolto ai pazienti."

Resto scettico m a è con estrema serietà che questa ricercatrice parla del suo lavoro con i bambini morenti dopo un incidente di auto. Questi bambini non avrebbero potuto sapere che nell’ospedale vicino, dieci minuti prima morivano il fratello e la madre, che erano stati anch’essi mortalmente feriti. Ma i bambini le avrebbero detto: "Dottoressa Kübler-Ross, mio fratello e mia madre mi aspettano."

Questa ricercatrice prese molto seriamente queste affermazioni dei bambini e solo successivamente scoprì che madre e fratello nel momento della affermazione, effettivamente erano già morti.

"Il momento della morte è molto liberatorio, una bella esperienza. L’individuo si libera del suo corpo fisico, che magari è nel letto. Osserva il proprio corpo dall’alto, senza paura e senza dolore e senza nostalgia. Coloro che muoiono hanno sentimenti incoraggianti. Si liberano del corpo, come la farfalla del suo bozzolo. Lo stato di felicità della trasformazione dalla condizione fisica ad una non fisica è indescrivibilmente bello."

La paura ovunque diffusa della morte e del morire riconduce la ricercatrice alla paura odierna della vita. Ritiene ci sia troppa poca fiducia ancestrale nella vita e nella creazione. Era ben diverso tra i vecchi Indiani, i vecchi Aborigeni, i vecchi alle Hawaii, ma anche tra i vecchi contadini in Svizzera e Germania. Alla fine della loro vita guardavano alla loro terra e al loro lavoro e sapevano di aver vissuto.

Chi sapeva di aver vissuto con un significato, non aveva paura della morte. Chi era in armonia con la natura, imparava che la morte era un trapasso in un’altra vita. Con la paura ci si ammala, si perde molta energia e questo non aiuta nessuno.
Ma quasi tutte le lingue hanno concetti come “paura della morte” “paura del morire”. Non è questo un segno che questa è una paura molto naturale, che c’è una paura ancestrale della morte e del morire? No, no, ribadisce.

La paura della morte è una paura artificiale. La paura che è giunta solo con il progresso tecnico negli ultimi 200 anni. Solo con la tecnologia e anche con la medicina delle macchine, con l’estraneazione delle famiglie, con l’assenza di rituali religiosi e spirituali, è diventato cosi brutto con la paura. Mentre la morte è qualcosa che non dobbiamo proprio temere. Se ogni giorno semplicemente facciamo quello che possiamo e non ci facciamo preoccupazione per il domani , allora se ne va anche la paura della morte. Se io vivo in modo corretto in questo momento, di cosa dovrei avere paura??"

Se gli esseri umani non si rendessero prede della paura, potrebbero fare da soli la conoscenza del fatto che la morte è "una esperienza unica, bella, liberatrice." Si liberano del corpo, come la farfalla del suo bozzolo." Farfalle! L’immagine è una parola chiave per comprendere il lavoro della signora.. Dopo il 1945 la giovane Elisabeth vide scalfiti sulle pareti centinaia di farfalle nei campi di concentramento in Polonia. Prima di dover entrare nelle camere a gas, le persone facevano con le unghie e sui muri “graffiti” di farfalle.

Già un tempo le avevo chiesto “perché farfalle?” Solo decenni dopo trovò la risposta. Nel suo lavoro con i bambini terminali, vide che questi tornavano al motivo della farfalla. Molti bambini malati di cancro poco prima della loro morte disegnavano delle immagini in cui le farfalle erano il motivo principale.

Ora lo sapeva: le farfalle sono simboli arcaici di trasformazione, della transizione da una vita all’altra. Simboli di metamorfosi.

"La morte", dice ora la ricercatrice, "è il trapasso ad un altro livello. Come la larva, la farfalla"

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