"THE END"

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giovedì 29 novembre 2012

Fede ed Economia vanno di pari passo nel Nuovo Testamento

Intervista a Padre Alberto Maggi
di Paolo Bartolini - Megachip


Padre Maggi, nei suoi libri e nei suoi discorsi ricorre un’immagine di Gesù Cristo radicalmente alternativa alle logiche del potere religioso di ogni epoca. Qual è, invece, la relazione che Gesù instaura con la dimensione del potere politico e militare?

Invitando i suoi discepoli a non imitare i modelli di potere esistenti nella società, Gesù dice loro: “Voi sapete che coloro che sono ritenuti capi delle nazioni le dominano, e i loro grandi spadroneggiano…”L’opinione di Gesù nei confronti dei potenti e del potere è negativa. Il potere è un demòne: gli uomini sono convinti di possederlo mentre in realtà ne sono posseduti. (Mc 10,42).

Può sorprendere nei vangeli il silenzio di Gesù verso la dominazione romana: neanche una parola contro gli occupanti. Perché questo silenzio? Perché ogni uomo desideroso di libertà poteva vedere l’ingiustizia dell’occupazione, e non c’era bisogno dell’intervento di Gesù. C’era invece un potere più subdolo, e per questo più pericoloso, ed è su questo che Gesù concentra la sua attenzione e i suoi sforzi: il potere religioso. Quando un uomo esercita il potere, da questi ci si può difendere, fuggire, ma quando a esercitare il potere è Dio stesso, l’uomo ne esce sconfitto e non c’è alcun luogo dove possa nascondersi.
Gesù presenta Dio come amore che si pone al servizio degli uomini, per questo è incompatibile con ogni forma di potere. Quanti pretendono rappresentare questo Dio devono servire e non comandare, donare e non chiedere, proporre e mai obbligare.

Dinnanzi alle ingiustizie profonde e alle sperequazioni che caratterizzano il nostro tempo, che sprone può offrirci la fede senza cadere nel disimpegno e nell’attesa passiva del regno che verrà?

Il regno di Dio c’è già. Non deve ancora venire, ma solo espandere il suo raggio di azione. Per regno di Dio s’intende una società alternativa dove ai tre verbi maledetti dell’avere, salire, comandare, che suscitano negli uomini la rivalità, l’odio e l’inimicizia, si sceglie il condividere, scendere, servire, comportamenti che favoriscono la vita degli uomini creando rapporti di solidarietà, di giustizia e di fratellanza. Questo è il regno di Dio che Gesù ha annunziato, e per il quale si richiede, per accedervi, la conversione, cioè un diverso modo di pensare e di agire: anziché vivere per se stessi orientare la propria esistenza per il bene degli altri. Dal momento che alcuni uomini accolgono questo invito di Gesù, il regno esiste già, e deve solo allargarsi, estendersi a ogni uomo.

È un regno che non è condizionato da confini religiosi, razziali, sessuali, ma una dimensione di amore nella quale ogni uomo può sentirsi accolto, amato e rispettato. E Dio, quale re, non governa i suoi emanando leggi che devono essere rispettate, ma infondendo negli uomini il suo stesso Spirito, la forza divina che li rende capaci di amare gratuitamente e incondizionatamente così come si sentono amati. Un regno che anche al momento del suo massimo sviluppo non attira l’attenzione per il suo splendore: Gesù infatti lo paragona al modesto arbusto della senape, che cresce nell’orto di casa. La senape è una pianta insignificante come apparenza, ma imbattibile nella propagazione dei suoi minuscoli semi, che, trasportati dal vento, giungono ovunque attecchendo e germogliando (Mc 4,30-32).

Oggi sta prendendo campo – e penso qui ai contributi straordinari di personalità quali Raimon Panikkar, Bernard Besret, Ernesto Balducci, Vito Mancuso, Romano Màdera e molti altri – una spiritualità nuova e a-dogmatica, capace di condurre credenti, atei e agnostici verso un’evoluzione dello spirito che sia all’altezza dei processi di globalizzazione in atto e dell’emergenza planetaria a cui ci espone la follia del sistema economico capitalistico. Lei pensa che il risveglio delle coscienze attraverso un nuovo modo di vivere lo Spirito, potrà contribuire a frenare le forze distruttive scatenate dal dio denaro e dai suoi sacerdoti?

Come il potere, il denaro è un demòne che distrugge quanti lo adorano. La denuncia degli evangelisti è chiara e netta: per i ricchi non c’è posto nel regno di Dio. Il regno è composto di signori, ma non da ricchi. Il signore è colui che dona quel che ha, il ricco è colui che trattiene per sé quel che ha. Crede di possedere i propri beni, ma in realtà ne è posseduto. Dall’insegnamento di Gesù si apprende infatti che si possiede solo quel che si dona. Quel che si trattiene per sé non si possiede, ma possiede l’uomo. Nel Nuovo Testamento, fede ed economia vanno di pari passo. La primitiva comunità cristiana non rendeva testimonianza della risurrezione del Signore Gesù attraverso la dottrina o il culto, ma con la pratica della condivisione dei beni: “Nessuno infatti tra loro era bisognoso”(At 4,34). Laddove nessuno è bisognoso lì c’è la presenza del Signore.

La cupidigia, la brama di possedere, è collocata da Gesù tra gli atteggiamenti che rendono l’uomo impuro, cioè lo chiudono all’azione divina e alla comunione con il Signore. Per San Paolo la cupidigia è una forma di idolatria che attira la disapprovazione divina (Col 3,5-6). Gesù non è certo contrario al benessere, ma questo non può essere un privilegio di pochi a scapito del malessere di molti.  ... continua qui
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