"THE END"

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domenica 15 luglio 2012

Dioniso, il mito nella leggenda

« Le baccanti cominciano ad agitare il tirso per i loro riti...
l'eccitazione si era trasmessa all'intero bosco, alle belve:

non c'era più niente di fermo, tutto si agitava in frenesia. »
(Euripide, Le Baccanti)

Dioniso, la storia 



La nascita
Come per molti altri dei, la maggior parte dei racconti relativi a Dioniso riguarda la nascita e l'infanzia del dio. La versione più nota del mito presenta la nascita di Dioniso da Zeus e da Semele, figlia del re di Tebe, Cadmo. Poiché Zeus aveva promesso alla amata Semele di esaudire ogni suo desiderio, la sposa di Zeus, Era, gelosa di Semele, la induce perfidamente a chiedere al suo divino amante di mostrarsi a lei in tutto il suo splendore. Per accontentarla Zeus le compare circondato di lampi e folgori, che inceneriscono Semele e il suo palazzo a Tebe. Zeus salva però l'embrione di Dioniso, frutto del suo amore con Semele e, per evitare le insidie della gelosa Era, lo cuce nella sua coscia fino al giorno stabilito per la nascita.
Non è da escludere che le componenti di questo mito siano parte di un nucleo pre-dionisiaco in riferimento alla divinità da cui il Dioniso ellenizzato è derivato. La stessa coppia Semele-Dioniso, se si accetta l'ipotesi che in origine fosse quella formata da una dea-madre e da un dio-figlio, potrebbe essere il risultato di una associazione realizzatasi in tutto un insieme di antichi culti pre-ellenici o anatolici. Il nome di Semele appartiene infatti a una lingua non greca e si riferisce a una dea-terra madre di un figlio divino. Anche in epoca tarda Dioniso sarà spesso designato con l'appellativo di concepito nel fuoco o di nato nel fuoco, con riferimento alla folgore di Zeus: la prima parte del suo nome sembra infatti rinviare a una filiazione da parte del dio celeste indoeuropeo.
Tali informazioni andrebbero dunque a costituire un mito naturalistico elementare assai plausibile. Questa componente naturalistica è però assente dalla figura della madre Semele che, al pari di altre donne mortali, è amata da Zeus. La sua folgorazione accentua la natura divina di Dioniso: Zeus gli fa infatti da seconda madre e il figlio di Semele giunge a compimento nella coscia del padre di cui sarà una promanazione diretta. Il carattere eccezionale della filiazione sembra tuttavia soprattutto rispondere alla preoccupazione di elevare il nuovo dio nella discendenza da Zeus, preoccupazione forse dovuta all'antagonismo tra culti di giovani dei alla ricerca di una legittimazione. Il racconto è inoltre da riferirsi al periodo dell'introduzione di una concezione patriarcale nel mondo greco per cui gli dei nati da dee-madri di stampo asiatico vengono elevati sull'Olimpo in nome di una parentela più o meno diretta con il grande dio degli Elleni.


La nascita di Dioniso da una donna mortale rende certamente più suggestiva la sua figura in quanto lo presenta come un immortale che pur restando tale partecipa dell'umanità. Egli frequenta continuamente i mortali ai quali infonde il sentimento della sua presenza reale e non si abbassa sino a loro, ma piuttosto li innalza sino a sé; tutto il racconto costituisce inoltre un motivo atto a suscitare emozioni nelle donne che vedevano il figlio di una come loro elevato al grado di divinità.
Se il nome di Dioniso è poco familiare oggi, molto popolare è invece quello di Bacco. Negli autori greci questo termine è soltanto un epiteto del dio, estraneo tuttavia alla visione moderna e tardoantica di Dioniso come dio del vino.
L'appellativo è comune al dio e ai suoi fedeli, i baccanti, che non l'hanno però assunto considerandosi una momentanea incarnazione del dio, bensì è Dioniso stesso che lo ha tratto dai suoi seguaci. Egli è insomma il baccante per eccellenza e del resto il termine bacchos è inscindibile dal verbo baccheuein che designa un comportamento particolare, una sorta di trance religiosa, anche in riferimento a culti estranei al dionisismo.
Il mito dionisiaco
Dopo la nascita dalla coscia di Zeus, Dioniso viene allevato dalla zia materna Ino e dalle ninfe della valle di Nisa. Divenuto adulto, egli percorre il mondo insegnando agli uomini la viticultura e istituendo ovunque il suo culto, che viene spesso avversato con l'accusa di seminare disordine e immoralità. Nella stessa Tebe, sua patria, Dioniso è perseguitato dal re Penteo, che ne vieta il culto, praticato soprattutto in orge notturne nelle quali i seguaci e soprattutto le donne, dette Menadi (cioè "folli"), svolgono cerimonie sui monti, agitando fiaccole e tirsi in preda a una eccitazione collettiva nel corso della quale cercano la comunione con il dio a contatto con la natura e divorando carni crude di cerbiatti dilaniati. Ma la forza del dio è irresistibile e il suo avversario Penteo viene ucciso dalla madre stessa.
Dioniso non è una divinità indoeuropea: le vicende della nascita e le forme del culto lo presentano come un dio mediterraneo della natura e della vegetazione, dio della vita e della morte, che impone il suo culto con una potenza terribile, nella quale trovano sublimazione gli impulsi segreti della psiche umana, che chiedono una forma periodica di liberazione perché l'uomo possa attingere la felicità nella comunione mistica con il dio della natura. 
A te che sei tutto
E di tutto l’estremo contrario
Non è facile
Levare il canto
Per i molti tuoi doni
E gli insondabili abissi
Tra cui ti nascondi

Dioniso è una delle più affascinanti e contraddittorie divinità della mitologia greca.
In senso generale Egli rappresenta la prorompente energia della natura dal momento del suo risveglio, quella forza vitale e istintiva che accompagna i frutti alla maturazione, e in quanto tale è visto come una divinità benefica, da cui dipendono i doni della natura stessa.
Ma, forse perché questa energia tende a scomparire con l’inverno, gli antichi gli attribuirono anche una serie di simbologie connesse ad un’idea di sofferenza, persecuzione e follia.
Conosciuto soprattutto per aver introdotto il vino, bevanda “dionisiaca” per eccellenza, come vedremo il suo mito offre un ben più ampio simbolismo e molti sono i doni di questo Dio  di sesso maschile ma dall’indole profondamente femminile, amato e odiato, più di una volta ucciso e poi rinato, simbolo della “diversità”, della follia, del piacere senza limiti e di tutto  ciò che viene rinnegato soprattutto perché fa paura.
Bacco ne è il corrispettivo nell’antica Roma, Fuflunus per gli etruschi, Maimone per i sardi mentre Liber Pater è la divinità italica che gli corrisponde.  continua ...

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