"THE END"

"THE END"
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sabato 5 marzo 2011

Perché lavorano ? Facciamo due conti . . .

Credono di essere liberi, ecco chi sono i migliori schiavi. Come la nostra società, noi siamo liberi, anche di evadere le tasse quando vogliamo.
Parlano che la tassazione sul popolo non sarà aumentata. Ma se di quei pochi soldi, spesso uno stipendio si aggira sui 1000 euro quando va bene, (parliamo del lavoro che esiste oggi, quello precario), se di questi soldi togliamo le trattenute iniziali, togliamo poi l’iva che viene applicata ad ogni prodotto che acquistiamo, togliamo il 74\75% di tassa che viene applicata sui tabacchi e sul carburante. Togliamo poi le imposte, per esempio quelle che ci ritroviamo sulle bollette di casa, a quanto è la percentuale tra il realmente consumato ed il realmente pagato? E poi che ci resta da togliere? Ah, le spese bancarie, perché oramai siamo arrivati al punto che diamo i nostri soldi alla banca (e questa li investe e guadagna), ma la dobbiamo pagare: Sembra un secolo fa quando ti davano l’8% sui bot se mettevi i soldi fermi un anno…ora dobbiamo pagare. Fate i conti di quanto vi costa il conto corrente e quanto guadagnate in interessi (buoni se arrivano al 2%). Poi dobbiamo pensare ai vari bolli, canoni, assicurazioni. Io mi fermo qui con iol conteggiare, credo che sia abbastanza per capire che alla fine si lavora per ridare completamente di ritorno i soldi a chi te li ha dati. POSSIAMO affermare che impegnamo la maggior parte del tempo della nostra vita per avere in affitto per un mese del denaro, che dopo 30 giorni esatti sarà restituito. Restituito a chi? Pensateci bene…..
Abbiamo avuto il boom economico, io sinceramente in 37 anni di vita ho visto solo un boom di indebitamenti, e tra l’altro molti non li ho più pagati. Ora faccio un piccolo conto su una busta paga media:
Totale competenze 1.693
competenze
Trattenute CDEL
Trattenute INADEL
Trattenute
IRPEF
IRPEF addizionale
Regionale
IRPEF addizionale comunale
1.693
149.86
33.46
255.39
15.98
9.98
Bene, lo stato ha prelevato 465 euro, ancora prima di iniziare a spendere.
Rimangono 1.228
1228
Soldi netti dal lavoro di un mese
650 vedi nota 1
Affitto compreso di gas
450 vedi nota 2
Alimenti, contando colazione e 2 pasti composti da un primo a mezzogiorno e un secondo alla sera
117 vedi nota 3
Sigarette
167.75  vedi nota 4
Costo mensile della macchina, manutenzione esclusa
80 euro ENEL vedi nota 6
Non ho messo il gas perché incluso nelle 650 di affitto mensile
21.99 vedi nota 5
-258 vedi nota 7
Spese di medicinali base, sperando di star bene

1)Affitto 650 euro per 50 metri quadrati (compreso le spese del gas, da aggiungere 200 euro di spese condominiali).
2)Alimenti 15 euro al giorno=450 euro\mese (naturalmente non sognamo di mangiare pesce fresco o altri cibi tutte le settimane (un pranzo di pesce fresco ti costa da solo 15 euro!), nel conteggio tengo 300 grammi di pane,formaggio ed insaccati, tanta pasta e vari prodotti per fare il ragù in casa, una bottiglia di vino, frutta e verdura, carne un paio di volte la settimana)
4)Poi per la macchina mettiamo un utilitaria, Assicurazione 600 Euro\anno (perché me l’ha ceduta il padre e sono entrato a livello basso…). 180 bollo. Percorro 12.000 Km\ anno, consumo: 15km\l: IN dati otteniamo 12.000(km totali)/15(km\litro)=800 litri di carburante= 1.233 euro\anno.QUINDI LA MACCHINA MI COSTA 1233+180+600=2013 Euro anno, che diviso 12 sono 167.75 euro al mese.
3)Mettiamo ora le sigarette. Costo 3.90 per pacchetto (3.90*74/100=2.886 di tasse). Ricordiamo che il fumatore medio consuma un pacchetto al giorno, quindi 3.90*30=117 (2.886*30=86.58 di tasse)
Mettiamo poi in evidenza che tra tabacco e benzina abbiamo queste ritenute fiscali:
Benzina: costo 1,54 euro litro (ritenuta fiscale 74%), quindi 1.54*74/100=1.1396 euro di tasse su ogni litro
Mettiamo ora di percorrere 1000 km , dipende dal modello, ma meno di 80\100 litri sarà difficile usarli: Quindi moltiplichiamo 1.54*80=123.2 (1.1396*80=91.168 che sono tasse)
5)Ora metto la voce medicinali, poiché ogni volta che vado in farmacia trovo signore che spendono delle 50 euro a botta. Noi siamo in due e come molti nel nord italia prendiamo benzodiazepine per dormire (se mi lasciassero la cannabis abbatterei l’ansia e dormirei meglio, oltre che avere il morale alto tutto il giorno, ma è proibita! Non lo sono invece i neurolettici o le benzodiazepine che se leggi il bugiardino sono certamente più dannose della cannabis!)
Prendi una pastiglia a sera, nella scatola ve ne sono 20, facciamo 10 giorni. Totale 3 scatole al mese. Costo scatola 5 Eurox3=15  (in Austria, Francia e Germania Spagna, insomma nel resto del nostro continente arrivano a costare anche il 500% in meno, cercatele in rete queste notizie). Mettiamo poi un dentifricio ed un colluttorio : 5.49 Colluttorio, 1.50 Dentifricio.
6) Nella bolletta dell’ ENEL, naturalmente in un appartamento piccolo non usiamo quasi niente di elettrico che consuma (tipo forno, ferro da stiro etc ), ma in quegli 80 euro quante imposte ci sono? E quanto ammonta il vero consumo energetico? Basta guardare la prossima bolletta e vedrete che sono per la maggior parte costi AGGIUNTI! E poi comunque la media delle famiglie è più alta di 80 euro, conosco chi ne paga 200
7)-258. Ecco il nostro lavoro di un mese, dove l’unico sfizio tolto è quello delle sigarette. Senza niente, vivendo del minimo ogni mese. E teniamo conto che nelle spese non ho messo la manutenzione della macchina, vari medicinale per la salute, che a volte manca. Poi non ho conteggiato andar fuori a mangiare una pizza. Mancano anche i soldi del conto corrente, già perché la nostra idiozia è divenuta tale che per dare i soldi alle banche che li investono, NOI paghiamo.  Noi lavoriamo per indebitarci, o meglio vista sotto un altro punto di vista si può dire che NOI paghiamo per lavorare.
La cosa che mi fa arrabbiare è che tutti vanno avanti come se questo fosse “normale”. Normale pagare per lavorare, normale pagare perché diamo i soldi agli sconosciuti.  
Ma la cosa ancora più assurda è che lo stato non è presente, non esistono sussidi di disoccupazione, invalidità ti danno 220 euro se te le danno. Costruiscono case ovunque, ma le case popolari dove sono finite? Ma perché la gente continua a lavorare in questo modo? Cioè gli schiavi vitto ed alloggio erano inclusi, li avevano. Noi cosa otteniamo di più degli schiavi? Otteniamo forse che possiamo aprirci dei debiti? Che comperiamo una macchina per andare a lavorare, che va a finire poi che lavoriamo per la macchina? Ma non è meglio vivere sotto un cielo di stelle, liberi tutto il giorno di sviluppare il nostro essere. Io l’ho fatto, leggevo per ore ed ore, passeggiavo e chiacchieravo con molte persone. Insomma non stavo affatto male, ma poi soprattutto quante case lasciate disabitate in mezzo alle campagne potrebbero venire occupate?
Poi, dico una cosa forte, ma se devo vivere in un modo di “merda”, ma vale veramente la pena di vivere? Io opterei per un bel suicidio, almeno non faccio arricchire nessuno e smetto di soffrire. Specifico che io non soffro, nella vita sto bene, molto bene, ma sono arrivato negli ultimi nove anni ad avere uno stile di vita molto spirituale, vivo di nulla e non sento bisogno di niente. Non ho la macchina, non guardo la televisione, spendo 15 euro al mese per internet, 5 euro a settimana per il tabacco, mangio una volta al giorno perché non faccio movimento per bruciare di più, ho vicino una persona che mi vuole bene, possiedo molti libri e leggo, leggo e mi informo. Se gli italiani leggessero il nostro paese non andrebbe avanti normalmente in una situazione che normale non è!
Svegliatevi perché se non cambiate voi, loro non lo faranno di sicuro, gli conviene.
Aggiungo un pezzo tratto dal blog di Paolo Franceschetti
…Quello che non ci dicono mai, infatti, è che il 99 per cento dei nostri soldi va allo stato, e quindi non è con un aumento delle tasse che migliorano le condizioni di vita generali, né è in questo modo che lo stato si procura una maggiore disponibilità di risorse. Le tasse infatti non sono il 40 o il 50 per cento, a seconda dell’aliquota. Le tasse coprono invece quasi il 100 per cento dei guadagni dei cittadini. Se sembra assurdo, proviamo a fare questo ragionamento. Se un cittadino guadagna 1000 euro, 300 le da immediatamente allo stato. Ne rimangono 700 che può spendere come vuole.
Queste 700 verranno usate per acquistare dei beni, quindi verranno date ad altri cittadini. Questi cittadini, su queste 700 euro, pagheranno un altro 30 per cento di tasse, quindi ne rimarranno 490. Che verranno utilizzate per acquistare altri beni da altri cittadini che pagheranno altre tasse. Aggiungiamo che ogni bene è gravato da IVA. Cioè un’imposta all’origine che grava i beni di ulteriori carichi fiscali.
Facciamo un esempio con una parcella emessa da un professionista (medico, avvocato, notaio, ecc..). Lo stato ti dice che la tua aliquota è del 50 per cento. Ma è falso. Perché quando io faccio una fattura da 1000 euro, il 50 per cento va in tasse, ma il 20 per cento è l’Iva, a cui si aggiunge l’IRAP (circa il 4 o il 5 per cento) e la Cassa (che per noi avvocati è il 10 per cento). Il che significa che di quelle 1000 euro ce ne rimangono in tasca 200 o 300 circa. Quindi in merito al problema delle tasse sono due le balle che ci raccontano:

1) è falso che il prelievo fiscale, sia del 30, 40 o 50. Il prelievo (quando si calcola Iva, imposte locali e tasse) è comunque dal 70 all’80 per cento, a seconda delle aliquote.
2) Quando il cittadino acquista un bene, lo acquista comunque giù gravato da Iva (che, ricordiamolo, fino a qualche anno fa per certi beni era il 40 per cento). E ciò che va allo stato è molto di più anche di quell’ottanta.

venerdì 4 marzo 2011

Il senso della crisi

Tratto dal blog di   Paolo Franceschetti

Sommario. 1. Premessa. 2. Due parole sul sistema fiscale (parzialmente pubblicato in precedenza. 3. E torniamo alla crisi finanziaria. 4. Come ti elimino il rompicoglioni (cioe´ colui che non si adegua al sistema).



1. Premessa.
Tra settembre e ottobre, a dispetto delle rassicurazioni del nostro presidente del consiglio, ci aspetta, pare, una ripresa della crisi, che diventerà sempre più grave per avere il massimo picco nel 2011 - 2012.

Di questi giorni poi è la notizia che nelle scuole hanno diminuito in modo drastico le cattedre, e quindi pare che salteranno circa 100.000 posti di lavoro in tutta italia. Il che è come dire che ci saranno 100.000 persone a spasso, in Italia, che non lavoreranno. Persone che hanno studiato anni, spesso si sono specializzate facendo le famose SSIS (ovvero le scuole di specializzazione per l'insegnamento) pagate a caro prezzo, si ritroveranno lo stesso a girarsi i pollici.

Nel nostro precedente articolo sulla crisi finanziaria ci eravamo occupati dei motivi che hanno provocato questa situazione, soffermandoci sulle dinamiche strettamente economiche; in altre parole avevamo individuato a chi giova, nell’immediato, il tracollo finanziario dei mercati occidentali.

Tuttavia c’è un’altra ragione, meno immediata e meno visibile ma ancora più valida della precedente.
Vediamo quale è questa ragione, non prima però di aver fatto alcune osservazioni.



Avevamo detto che la crisi finanziaria serve essenzialmente ad arricchire i banchieri, perché il fatto che il denaro non valga più nulla (a seguito degli accordi di Bretton Woods del 1944), unitamente al fenomeno dell’acquisizione di beni reali in cambio di beni fittizi, in ultima analisi giova esclusivamente ai proprietari delle grandi banche mondiali e delle multinazionali. E’ un meccanismo che avevano giù descritto e su cui ora non torneremo, che potremo definire “redistribuzione delle ricchezze”. In pratica a seguito della crisi ci sarà una redistribuzione delle ricchezze del pianeta, perché il denaro varrà poco più della carta straccia, e chi aveva basato la sua vita sull’accumulazione del denaro o di prodotti derivati da esso, si ritroverà con un pugno di mosche in mano; in compenso invece conserveranno valore i beni reali (terreni, case, oro, pietre preziose).
Alla fine, essendo la nostra economia basata prevalentemente sul debito, l’effetto ultimo della creazione delle crisi finanziaria, sarà che i privati avranno perso molti dei loro beni per l’impossibilità di coprire i costi dei mutui, e quindi coloro che avranno guadagnato da tutta questa operazione saranno coloro che si ritroveranno proprietari di terre, case, beni di valore, ecc…
In poche parole chi si avvantaggera´da questa situazione sono i grandi gruppi di potere economico.

Tuttavia la logica porta a cercare anche altri motivi a questa crisi.

Le grandi multinazionali e le grandi banche infatti, sono già, di fatto, proprietarie della maggior parte delle ricchezze del pianeta. Poche famiglie, non più di una ventina in tutto, controllano direttamente o indirettamente oltre la metà dei beni della terra e per acquisire l’altra metà non occorre provocare una crisi finanziaria; le grandi multinazionali sono già proprietarie, nella stragrande maggioranza dei casi, delle minierie di diamanti e pietre preziose dell’africa e dell’Asia; le cosiddette sette sorelle hanno il monopolio dell’energia del pianeta, non permettendo alle energie alternative di svilupparsi; controllano di fatto la maggior parte degli stati asiatici, africani, e dell’america latina, mediante governanti compiacenti, allineati, corrotti, o semplicemente incapaci di reagire alla strapotenza del mondo occidentale e dei suoi diktat.
Le grandi superpotenze economiche sono così ricche che potrebbero tranquillamente acquistare tutto il rimamente in modo leciti o illeciti.
Allora…. Perché provocare una crisi finanziaria di questa portata?

Solo per acquistare altri beni, a seguito del fallimento di molti privati e molte aziende?


2. Due parole sul sistema fiscale (la prima parte già pubblicata in precedenza)
La ragione delle crisi è la stessa che regge il sistema fiscale dissennato che abbiamo. Un sistema fiscale assurdo, che però ha una ragione molto profonda. Ripeto qui quello che ho detto nell’articolo sul sistema in cui viviamo con alcuni correttivi.
Il sistema di tassazione deve essere vessatorio e non ci sarà mai un governo che ridurrà le tasse veramente. I soldi, infatti, in realtà ci sono, ma vengono dispersi decuplicando il costo delle opere pubbliche, finanziando società inesistenti grazie all’aiuto della CE, creando fondi neri, spendendo miliardi di euro per una sanità malata.
Il vero scopo del sistema di tassazione attuale, però, non è quello di reperire fondi da spartire tra le elite (ne hanno già a sufficienza senza dover rubare anche pochi spiccioli al cittadino comune) ma quello di costringere il cittadino a non alzare mai la testa; lo scopo è cioè quello di farlo lavorare dodici ore al giorno per sopravvivere. Se non avrà troppo tempo libero, non avrà tempo per riflettere, informarsi e svegliarsi.
Ecco quindi che appena il livello economico della popolazione inizia ad innalzarsi, sopravviene una nuova crisi economica, una nuova necessità finanziaria per cui lo stato chiede nuovi sacrifici…Quello che non ci dicono mai, infatti, è che il 99 per cento dei nostri soldi va allo stato, e quindi non è con un aumento delle tasse che migliorano le condizioni di vita generali, né è in questo modo che lo stato si procura una maggiore disponibilità di risorse. Le tasse infatti non sono il 40 o il 50 per cento, a seconda dell’aliquota. Le tasse coprono invece quasi il 100 per cento dei guadagni dei cittadini. Se sembra assurdo, proviamo a fare questo ragionamento. Se un cittadino guadagna 1000 euro, 300 le da immediatamente allo stato. Ne rimangono 700 che può spendere come vuole.
Queste 700 verranno usate per acquistare dei beni, quindi verranno date ad altri cittadini. Questi cittadini, su queste 700 euro, pagheranno un altro 30 per cento di tasse, quindi ne rimarranno 490. Che verranno utilizzate per acquistare altri beni da altri cittadini che pagheranno altre tasse. Aggiungiamo che ogni bene è gravato da IVA. Cioè un’imposta all’origine che grava i beni di ulteriori carichi fiscali.
Facciamo un esempio con una parcella emessa da un professionista (medico, avvocato, notaio, ecc..). Lo stato ti dice che la tua aliquota è del 50 per cento. Ma è falso. Perché quando io faccio una fattura da 1000 euro, il 50 per cento va in tasse, ma il 20 per cento è l’Iva, a cui si aggiunge l’IRAP (circa il 4 o il 5 per cento) e la Cassa (che per noi avvocati è il 10 per cento). Il che significa che di quelle 1000 euro ce ne rimangono in tasca 200 o 300 circa. Quindi in merito al problema delle tasse sono due le balle che ci raccontano:

1) è falso che il prelievo fiscale, sia del 30, 40 o 50. Il prelievo (quando si calcola Iva, imposte locali e casse) è comunque dal 70 all’80 per cento, a seconda delle aliquote.
2) Quando il cittadino acquista un bene, lo acquista comunque giù gravato da Iva (che, ricordiamolo, fino a qualche anno fa per certi beni era il 40 per cento). E ciò che va allo stato è molto di più anche di quell’ottanta.
E’ una somma molto vicina al 100 per cento.
In pratica tutto ciò che produciamo finisce nelle tasche dello stato, tranne quel poco che uno riesce a risparmiare e mettere da parte senza farne alcun uso. In sostanza: solo i soldi non utilizzati rimangono a noi e non vanno allo stato. Quelli messi in circolazione prima o poi finiscono nelle casse statali.
Insomma, quando lo stato aumenta quindi le tasse del 2 per cento, non incassa realmente quel 2 per cento. Perché il cittadino, guadagnando il due per cento in meno, acquisterà meno beni, e quindi il risultato è che ad un’entrata da una parte, corrisponde un’uscita dall’altra.
Ne consegue che quello che ci raccontano, sulla necessità di aumentare le tasse per far entrare più soldi nelle tasche dello stato, è una balla colossale.
Allo stato va già quasi tutto. L’aumento dell’imposizione fiscale serve unicamente per vessare il cittadino affinché non possa mai godere una vita di reale benessere.
Inoltre un sistema così congegnato aumenta le aree di illegalità e di evasione, quindi si traduce in una ulteriore perdita economica per lo stato.

Che la vera ragione del sistema fiscale non sia quella di reperire fondi, lo dimostra un fatto emblematico. Sotto il governo Prodi venne fuori lo scandalo (di cui ovviamente i media non hanno più riparlato) dei 98 miliardi di euro che i monopoli dello stato dovevano incassare dai gestori di video games e slot machine. Sono state accertate 98 miliardi di euro di evasione, pari a quasi 200.000 miliardi di lire. Il costo di diverse finanziarie. Una somma che si potrebbe (e dovrebbe) recuperare in poco tempo, ma che il governo si guarda bene dal recuperare. Basterebbe una semplice operazione coordinata dalla guardia di finanza per ottenere in poche settimane un somma che consentirebbe allo stato di respirare per due o tre anni senza drenare altro ai cittadini.
Tant’è che l’8 luglio di quest’anno il deputato del Partito Democratico Alberto Fluvi ha presentato un'interrogazione a risposta immediata in Commissione Finanze della Camera per sapere dal Ministero dell'Economia e Finanze "quali misure abbia adottato o intenda adottare in ordine alla presunta, imponente evasione d'imponibile nel settore delle slot machine, eventualmente valutando le ipotesi, prospettate nella richiamata relazione della commissione ministeriale, di ridurre l'aliquota del Preu, di introdurre il divieto per i gestori di assumere la veste di concessionari, nonché di utilizzare la Sogei per effettuare controlli sui dati di gioco, l'imposta conseguentemente dovuta e quella effettivamente dichiarata e versata, e se, considerata la dimensione del problema, non ritenga opportuna una correzione della struttura organizzativa dell'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, che preveda, a tutela della stessa amministrazione, l'istituzione di una struttura di audit centrale analoga a quella presente in tutte le Agenzie fiscali.

Ma noi sappiamo benissimo quali misuire adotterà il governo. NESSUNA.
In conclusione. Non sono i soldi di cui ha bisogno il governo. Il governo ha bisogno di schiavi che tengano la testa bassa per lavorare dodici ore al giorno e che non si informino, non pensino, non si evolvano.

3. E torniamo alla crisi finanziaria.
Dunque, le ragioni delle crisi finanziaria sono le stesse che valgono per il sistema fiscale, ovverosia abbassare le aree di benessere della popolazione.
Con l’aumentare delle aree di benessere, infatti, aumentano le persone che si informano, che hanno tempo per pensare, che possono fare collegamenti pericolosi. E hanno piu´ tempo per organizzarsi in associazioni che possano contribuire alla vita democratica del paese.
Al contrario, in una situazione di crisi la gente ha meno tempo per riposarsi, pensare, crescere…. Chi lavora dodici ore non ha tempo per fermarsi a riflettere e allora i telegiornali, i giornali, ecc…, è costretto a guardarli di sfuggita, distrattamente, e senza relazionare tra loro fatti il cui legame è invece evidentissimo.
Se le persone avessero tempo per pensare e riflettere succedere questo:
- delitto di Bagno a Ripoli; Lapo Santiccioli uccide la fidanzata, e poi si suicida con tre coltellate sul collo. Non ci sono tracce di sangue della ragazza sul suo corpo, perché dopo averla uccisa si sarebbe lavato e poi si sarebbe suicidato. Tre coltellate sul collo - si domanderebbe il cittadino che ha tempo per pensare - ? Ma come fa uno a suicidarsi con tre coltellate sul collo? E poi perché hanno archiviato subito la cosa anche se non c’erano tracce di sangue sul corpo del ragazzo?

- Tò… è stato realizzato in pieno il programma della P2. Lo trovate qui.
http://www.misteriditalia.it/loggiap2/ilpiano/P2%28piano%29.pdf
Controllo dei giornali, separazione delle carriere nella magistratura, controllo dei mass media, abolizione monopolio RAI, riforma dei rapporti stato-regione, ecc…. E, caso strano, coloro che erano nelle liste della P2 oggi sono ai vertici del ptoere statale. Ma non sarà che…

- Come mai il primo atto del governo Prodi, al momento dell’insediamento, fu quello di nominare sottosegretario alla camera un ex terrorista che aveva scontato anni di galera per l’assassinio di un poliziotto? Si trattava - disse Bertinotti, il leader dei poveri - di un cittadino che aveva pagato il suo debito con la giustizia, quindi poteva tranquillamente stare in una posizione di potere politico. Ma non sarà che c’è un collegamento tra terrorismo e istituzioni? Non sara´che la sinistra di Bertinotti aveva in qualche modo agevolato, se non peggio, quel terrorismo che a parole diceva di non volere. E soprattutto il cittadino si domanderebbe: ma come cazzo e´stato possibile che sia stato eletto un soggetto del genere? Non sara´che la legge elettorale e´una fregatura?

- Perché non recuperano i 98 miliardi dai gestori di slot-machine, ma in compenso se un barista non fa uno scontrino di due euro gli rifilano una multa che questo se la ricorda finchè campa?

- Come mai lo stato permette grandi illegalità a cielo aperto, ospedali iniziati e mai costruiti, strade iniziate e mai costruite ma poi se un cittadino qualunque cambia il tipo di fari montato sull’auto, o costruisce un garage abusivo, patisce conseguenze pesanti?

Queste sono le domande che si farebbe il cittadino che avesse tempo per riflettere, pensare, collegare, senza l´ossessione di arrivare a fine mese.
Questa crisi finanziaria poteva essere evitata. Poteva essere evitata in molti modi. Prima di tutto perchè erano anni che i "complottisti" andavano dicendo che ci sarebbe stata una crisi finanziaria.

Quando Disinformazione nel 2002 diceva che nel 2006 ci sarebbe stato il collasso economico, Pamio (il direttore di Disinformazione) veniva accusato di essere un paranoico complottista.

Ma la verità era che nei centri del potere economico e finanziario queste cose erano risapute.

Una persona che conosco, dirigente di banca, mi ha detto "certo che tutti noi sapevamo... gli esperti di finanza non potevano non accorgersi che i prodotti finanziari piazzati dalle banche erano un flop... un collage di nulla destinato a far saltare il sistema. Così come oggi, le rassicurazioni sulla ripresa sono ridicole, e chi è esperto lo sa, perchè un'economia che piazza prodotti finanziari pari a sei volte il prodotto interno lordo DEL MONDO INTERO, prima o poi è destinato a crollare, perchè vuol dire che le banche stanno piazzando è un prodotto vuoto, senza sostanza e che prima o poi ci sara´un botto di proporzioni clamorose".

La crisi quindi poteva essere evitata con un maggiore controllo dei prodotti finanziari da parte delle banche, con una riappropriazione da parte dello stato della capacità di battere moneta (ricordiamo che oggi lo stato NON batte moneta, perchè questa è emessa dalle banche centrali e dalla BCE, che NON sono sotto il controllo dei governi, e NON dipendono dai governi, ma dalle grandi banche d'affari mondiali).

Ma non è stata evitata.

Nè è stata annunciata, dai governi. Eppure Prodi, solo per fare un esempio, era un economista... avrebbe potuto e dovuto capirlo, ed era suo preciso dovere istituzionale avvertire i cittadini.

Il punto è - lo ripetiamo - che vero scopo della crisi finanziaria è impedire che i cittadini possano un giorno alzare la testa, e riflettendo si accorgano di essere degli schiavi al servizio dei padroni. Le banche e la grande industria. E questa crisi, ovviamente, aumenterà lo stato di sudditanza dei cittadini nei confronti dei “padroni” perchè aumenteranno le persone che andranno a raccomandarsi dal politico, dall’amministratore, dal potente di turno.

La crisi finanziaria non ha altro scopo che renderci ancora più schiavi.
.
4. Come ti elimino il rompicoglioni (ovvero colui che non si adegua al sistema).
La cosa non deve stupire piu´di tanto. E´dall´antichita´che chi governa cerca di mantenere in uno stato di soggezione i sudditi mediante i sistemi piu´diversi. Panem et circenses, diceva il poeta Giovenale, intendendo dire che per tenere soggiogata la popolazione e´sufficiente dargli un po´di pane e farla divertire con il circo.

In periodo Borbonico, a Napoli, l´espressione divenne "feste farina e forca", ma la sostanza era la stessa.
Attualmente i metodi usati per rendere la popolazione una massa di pecore fedeli al potere, sono gli stessi di un tempo; al posto del circo abbiamo la televisione, i media, il calcio, e tutti i miti creati dalla societa´consumistica.

Pochi si rendono conto pero´, che uno degli strumenti piu´formidabili per controllare le masse e´proprio il sistema fiscale e l´attuale crisi finanziaria. Perche´ l´ínformazione puo´essere manipolata quanto si vuole, ma ci sara´sempre qualcuno che capira´l´inganno; le leggi possono essere repressive quanto vogliono, ma per quanto esse siano dure, ci saranno sempre degli spiragli che consentiranno alle persone piu´intelligenti di reagire; ed inoltre, quando le leggi superano una certa soglia di durezza e diventano intollerabili, ci sara´sempre qualcuno disposto a ribellarsi e pagare con la vita la sua ribellione.
L´unica cosa a cui non e´possibile porre rimedio e´la carenza di beni necessari per la sussistenza. Se la persona viene privata dei beni essenziali, per quanto possa essere consapevole, informata, e intelligente, il suo obiettivo principale diventera´sopravvivere, e quindi diventa inoffensiva per il sistema, anche perche´spesso, pur di sopravvivere, scendera´a compromessi con i potenti di turno, specialmente se ha figli.
Aumenteranno cioe´le persone che saranno disposte a rivolgersi al politico di turno, che accetteranno condizioni disumane o patti moralmente illeciti, pur di avere un lavoro.

In altre parole. Noi viviamo in un´illusione di democrazia. Una vera democrazia implicherebbe il governo del popolo ma invece sappiamo bene che non abbiamo alcun potere, neanche di scegliere i nostri governanti. Il mezzo migliore per imporre una dittatura non e´la forza (perche´prima o poi qualcuno si ribellera´) ma dare al popolo l´illusione di essere libero, e quindi creare una dittatura mascherata, facendo si´che la gente chieda esattamente quello che i potenti vogliono imporre.

Non ci si ribella a qualcosa di cui non si sospetta l´esistenza e in questo modo il controllo sulla popolazione puo´andare avanti all´infinito.

Ed e´tempo di rendersi conto che il mezzo di controllo piu´potente e´, appunto, il sistema fiscale e finanziario, che puo´essere riassunto cosi´:
1) sistema fiscale ai limiti della tollerabilita´, in modo che ciascuno lavori dodici ore al giorno per poter sopravvivere;
2) leggi fiscali e controlli strutturati in modo tale che sia impossibile mettersi in regola, di modo che i contr0lli fiscali siano diretti a vessare il cittadino (a cui verra´controllato l´emissione di uno scontrino da due euro) e a favorire i potenti (non verranno mai richiesti i 98 miliardi di euro ai gestori di video-games);
3) sistema economico che garantisca sempre un´alta percentuale di disoccupati, e un´alta percentuale di lavoratori che vivano al livello di sussistenza.

Se, nonostante tutti gli sforzi, il benessere aumenta (il che e´inevitabile perche´ogni societa´tende naturalmente, nel lungo periodo, a migliorare le sue condizioni di vita) si crea una bella crisi finanziaria... e voila´... l´equilibrio e´ristabilito.

In pratica, negli stati dittatoriali in cui la dittatura e´conclamata si usano le uccisioni di massa per eliminare i possibili dissidenti.
Nella nostra "democrazia" si usano le tasse e la crisi finanziaria. Gli eventuali dissidenti che non venissero resi innocui con questo sistema, perche´troppo in vista, troppo potenti, o troppo vicini al sistema per non capirlo fino in fondo, avranno un incidente d´auto come Rino Gaetano, un malore improvviso come Berlinguer (che peraltro qualche anno prima si salvo´per miracolo proprio da un incidente d´auto); oppure si suicideranno, come Luigi Tenco. Oppure, quando la tesi del suicidio o dell´incidente sarebbe cosi´ridicola che pure Emilio Fede, Mentana, e Liguori si rifiuterebbero di accettarla, arrivera´un pazzo isolato e fara´fuoco, come accadde a Gandhi, Martin Luther king, Jonh Lennon, Jonh Kennedy o Papa Giovanni Paolo II.
La gente sara´troppo occupata a far quadrare i conti di casa per capire che si tratta di omicidi programmati dal sistema.

Il piano in atto...tra crisi, rivolte e dittatori

Ordine dal Caos

di Olive Farmer
Traduzione di Anticorpi.info

Tempo fa scrissi queste parole:

"Gli infami piani della élite globale sono stati covati a lungo. I loro obiettivi consistevano nello spostare la economia in paesi con bassi costi di impresa (eseguito), creare dal nulla una montagna di debiti  (eseguito),imporre severe misure di rientro dai finti debiti attraverso il FMI (in esecuzione), quindidar fuoco alla miccia della rivoluzione (da eseguire).


Perché la rivoluzione? Perché è proprio da una rivoluzione che potrà nascere un nuovo ordine mondiale. E' a causa di una rivoluzione che il mondo occidentale potrà essere ancora più significativamente ridotto in schiavitù. E' mediante una rivoluzione che il male potrà essere esteso in maniera massiccia.

E' proprio dai regimi post-rivoluzionari che scaturiscono le coseguenze più nefaste per il genere umano, perché la rivoluzione porta sempre al totalitarismo, alla paura, facendo il gioco degli squadroni della morte e consentendo ai più malvagi di dedicare grandi sacrifici al Dio dei modellatori della realtà.

Una delle micce sarà rappresentata dalle rivoluzioni che avranno luogo allo interno dei paesi che hanno una storia di disordini civili." (...)

Che strano.


Tornate pure a leggere questo blog dalle sue prime pagine, e vi renderete conto di come vi sia la cronistoria di tutti gli avvenimenti sopra descritti, pezzo per pezzo.

Aprite gli occhi, perché l'inganno che sta consumandosi davanti al mondo è stato progettato da molto tempo. L'onda rivoluzionaria non è una sollevazione spontanea di popoli arrabbiati (per ora solo nelle nazioni arabe, ma presto in paesi più vicini a voi), bensì uno degli atti finali di una strategia lungamente covata dalla classe dirigente.


Questa repentina escalation di  caos è stata ordinata e pianificata in ogni dettaglio allo scopo di creare la distruzione degli attuali paradigmi  della società mondiale come preparazione per il nuovo "ordine mondiale", conosciuto anche come il vecchio ordine mondiale impacchettato in una diversa confezione.

Ciò che sta accadendo può essere brevemente descritto.

Sono impegnati nella distruzione di tutti i capisaldi concettuali dell'umanità.

Anche della roba finta a cui essi stessi in passato ci hanno indotto a credere. 

Ogni cambiamento è inquietante, ma un cambiamento nei paradigmi di potere è il più inquietante di tutti. Come disse Shakespeare: "La natura aborre il vuoto", ed è nel vuoto di potere creato dalla rivoluzione - come ha sempre dimostrato la storia - che vengono fuori i demagoghi fabbricati dalla industria di Lucifero.

In primo luogo hanno minato la fiducia nella "democrazia", coadiuvati dal 'truth movement'che essi stessi hanno creato (l'ago della menzogna si nasconde meglio in un pagliaio di verità).


La maggioranza delle persone (compresi coloro i quali si sono bevuti tutte le bugie dei media mainstream) sta ora realizzando che i politici sono bugiardi, che sono burattini e co-cospiratori, e che i governi sono impegnati in una politica di tosatura del gregge.

Tutto ciò risulta più evidente per gli abitanti delle finte democrazie o degli stati controllati da demagoghi (come stiamo assistendo nelle nazioni arabe), ma molto rapidamente risulterà evidente anche in tutte le democrazie occidentali, in Europa e poi in Cina, negli Stati Uniti, ovunque.

Ma è ancora presto per eccitarsi, perchè questi avvenimenti non hanno nulla a che fare con il tanto sospirato avvento di una nuova coscienza dell'umanità. E' una deliberata creazione del caos dal quale dovrà scaturire un nuovo ordine.

In secondo luogo, la truffa bancaria globale ha posto le basi per la distruzione della fede nello attuale sistema valutario, che ci ha fatto così soffrire per via delle vicende finanziarie a tutti note.

Il "denaro" - questa roba che ci tiene separati in maniera così efficace creando gelosie, desideri malsani, avidità distruttive, innaturali disparità tra tutti noi membri della famiglia dell'umanità -è in giro da così tanto tempo che nemmeno riusciamo più a immaginare un sistema in cui sia assente.

Ebbene, ci toccherà farlo, dal momento che hanno intenzione di distruggere il sistema valutario, aprendo la strada ad un caos sempre maggiore per far fronte al quale ci presenteranno la loro soluzione. I loro agenti dello aquarius truth movement attendono dietro le quinte il momento giusto per tirare fuori una serie di pretesti che possano ridurre ciò che resterà di noi in perpetua prigionia e schiavitù scientifica. Tale evidenza è scritta a caratteri cubitali sul muro, visibile a  chiunque abbia occhi per vedere.

La fede nel governo, la fede nel denaro ... e adesso?

La terza fase sarà la distruzione della fede nella sicurezza. Le perdite di denaro svolgeranno una parte importante in tutto questo. L'idea che si possa programmare la propria vita, comprare una casa per noi e la nostra famiglia, lavorare duramente e guadagnare un tranquillo pensionamento in seno alla nostra famiglia. La fede in un  mondo ordinato e tranquillo .....

Se già non hai idea di cosa sia un mondo ordinato e tranquillo, fai conto che non abbia detto niente.

Illusioni che dovrremo definitivamente archiviare, dopo che le acque agitate hanno già travolto quelli che vi si sono avvicinati più velocemente.

Nei prossimi mesi saranno inghiottite da questo vortice perfino le rocce a cui ci aggrappavamo per mantenere un minimo di sicurezza.

Tali rocce sono ormai fiaccate da decenni di erosione. Ecco che cosa si cela dietro la distruzione della famiglia e della comunità;un indebolimento costante e implacabile del vero potere della umanità: la unione. In questo consiste la terza fase.

Aspettavate di vivere in pace per il resto della vostra vita? Ebbene, tale aspettativa oggi si trova sotto un grave attacco.


Dalle rivoluzioni indotte emergeranno guerre civili ed interventi militari che vedranno i padri combattere contro i figli, i fratelli contro i fratelli, vicini contro vicini, nazioni contro nazioni. Hanno instillato la convinzione che i cittadini dovessero armarsi, così che tutti possano scontrarsi per il cibo o per difendersi dai predoni.

Da tanta discordia sorgerà poi un nuova leadership, una leadership macchiata di sangue, la più crudele e meno umana che sia mai esistita.

Nel frattempo stanno distruggendo le fedi religiose proprio nel momento in cui la gente ne avrebbe più bisogno. Tale necessità fondamentale della psiche umana, strumento di chi cerca la pace, il bene e l'amore, spesso manipolato dai governi, è stato trasformato in odio, uccisioni,  torture e perversioni.

Anche le grandi menzogne saranno distrutte nel cambiamento di paradigma.
E migliaia di verità eterne resteranno sepolte tra le macerie, cosa ancor più inquietante.

Dalla famiglia, alla sicurezza, al governo, al diritto, al denaro e poi alla religione, tutti i principi fondamentali della nostra vita sono in via dismantellamento, tirati via come un tappeto da sotto i piedi.

Tutto ciò è ormai inevitabile.

Il Nuovo Ordine Mondiale è un grande piano. La intenzione è quella di distruggere tutto,cancellare la lavagna e disegnare un nuovo futuro su una tela bianca.

Hanno bisogno di questo crollo generale per poter ammodernare gli attuali strumenti autoritari e manipolativi, ormai desueti in questa era tecnologica. L'abilità del loro piano sta in questo. Le loro intenzioni sono sempre state guidate dalla consapevolezza che prima o poi l'umanità avrebbe scoperto la verità. Per impedire questa  apocalisse (dal greco, letteralmente: la caduta del velo, la rivelazione dei misteri), cercano di usare tutti i trucchi a loro disposizione.

Se il loro piano fallirà, una nuova umanità nascerà.

Le nuove idee, sistemi e leader apparentemente in opposizione al NWO sono - invece - agenti della stessa cabala luciferina. Non credete a niente. Controllate qualsiasi cosa e poi continuate a non credere.

Naturalmente, gli UFO fanno parte di questo gioco.
Così come il nuovo "Cristo" Maitreya di cui ho scritto molte volte.
E poi i fantastici ritrovati di una tecnologia che cambierà il mondo (prodotti dello ingegno umano rubati e conservati per essere usati propagandisticamente in questi tempi).
E, purtroppo, accadrà qualcosa di "biblico" in Israele, un luogo creato dalla élite, un popolo coperto di infamia dalla élite stessa, luogo dove brillerà la scintilla che accenderà la grande conflagrazione e dove apparirà, come previsto, la falsa salvezzadestinata a farci crollare sulle ginocchia in preda a una grande meraviglia.
Le cose antiche sono le migliori. Non è vero?

Per quanto sia certo che il grande piano proseguirà a dispiegarsi, il suo esito non èscontato.

Le reazioni dell'umanità non sono già scritte, sebbene possa sembrare vero il contrario.

Sosteniamo l'amore.
E' lì che troveremo il nostro dio.
In noi stessi e nella consapevolezza dell'amore.
L'anima, autentica essenza della umanità è la più grande verità che mai potremo scoprire.
Le creature umane entreranno finalmente a far parte alla generosità e gioia universali.
Vi è bontà, là fuori, che sta attendendo la rinascita della nostra specie; una rinascita in forma più evoluta, dal caos verso cui il male sta spingendoci.
Ne abbiamo avuto abbastanza.
La evoluzione spirituale è molto più auspicabile delle rivoluzioni 'progettate a tavolino.'
E' giunto il tempo di gridare: "Basta! Mai più! Ricominciamo!"

Amore a tutti voi.
Olive Farmer


Attraverso le ombre proiettate dai rami di ulivo - qui a Creta - trapelano raggi di luce che riscaldano e nutrono l'anima. Spero che tutti voi possiate condividere questo calore e nutrimento. xxx xxx xxx


Articolo in lingua inglese pubblicato sul sito: Olive Farmer
Link diretto all'articolo:
http://olivefarmercrete.blogspot.com/2011/02/order-out-of-chaos.html

Il capitale del vero e l'allevamento del genio

Da Esonet.it




Il "capitale del vero" e l'allevamento del genio

Osservazioni sugli Scritti filosofici di Ernest Renan
di Riccardo Roni
prodotto per Esonet.it


"L'umanità produce Bibbie e cannoni […].
È democratica, e ha nobili e re;
edifica chiese, e contro le chiese edifica atenei;
trasforma i conventi in caserme,
ma assegna alle caserme cappellani militari."
R. Musil 
[1]

Le regole dell'ordine

Essere liberi corrisponde a un atteggiamento di rifiuto della responsabilità verso i propri sogni. Questa nota corrisponde ad una perfetta radiografia dell'uomo-Renan, ossia dell'uomo comune che presenta l'avvento di un immane eroismo collettivo da formicaio. Se il tempo dei sistemi assoluti è finito, restano gli uomini massa che "sognano" uno scopo ideale dell'universo, che credono in un fine divino, nel trionfo della ragione. Ernest Renan, che ha dimostrato di amare l'uomo-massa con una filosofia pseudo-aristocratica, ha amato raffigurarsi come l'uomo delle differenze, perché credeva che la creazione di masse "organiche" fosse una legittima reazione all'ineluttabile durezza della natura. Perché la naturale inerzia del vivente consiste soprattutto nel saper sopportare il giogo di vivere "nell'ombra di un'ombra" [2], nel saper dominare il vuoto del caso attraverso vecchie credenze, che non sono state mai sostituite.
In questo l'uomo è come una cavia da laboratorio, come quegli animali a cui i fisiologi levano il cervello per sperimentare i nuovi eroi e creare così il loro pubblico. Nella prefazione ai Dialoghi e frammenti filosofici (1876), Renan spiega come l'uomo erede dei sistemi assoluti ormai tramontati, debba sentirsi pronto a lanciare una sfida a se stesso per sviluppare una capacità "sovrumana" di sopportare le conseguenze di un pensiero artificiale. L'universo ha uno "scopo ideale" da raggiungere, e l'uomo deve servirsi della tecnica per conquistarsi in blocco l'esperienza. L'abitudine, o meglio, abituarsi a questa "diversità" artificiale, corrisponde a quel processo di eterno disaccordo e di sconvolgimento di tutti i ritmi, come direbbe Musil, rintracciabile nella vita della grande metropoli, il cui abitante somiglia ad una vescica ribollente posta in un recipiente materiato di leggi, regolamenti e tradizioni storiche ormai logore. Questa novità dell'abitudine e della capacità di abituarsi possiede il potere di mortificare gli istinti vitali "ma questi movimenti istintivi si indeboliranno con il tempo" [3], il cui potere affermativo, per usare le parole di Nietzsche, deve essere duramente contrastato dalla sovranità assoluta di una ragione fantasma. Da non confondersi con quella ragione che, alla maniera di Hegel, si fa soggetto autocosciente attraverso il riconoscimento della libertà dell'altro [4]: "per la piena esistenza della ragione", osserva Renan, "non è affatto necessario che tutti la percepiscano" [5]. Non c'è più spazio per le lotte di riconoscimento, se agli istinti sociali deve essere preclusa qualsiasi aspirazione alla ragione.
"Dio non agisce tramite volontà particolari": il principio della responsabilità individuale dell'agire si sgretola sotto lo spettro di un empirismo radicale che vieta la possibilità di pensare un mondo secondo concetti. Tutto è dato, ma niente è concesso. Dopo Hegel, Renan non può giungere ad un punto di vista spirituale che non copi quello e non sia d'altra parte puramente arbitrario. Il sapere assoluto di Renan si illude di rappresentare la vera essenza dell'uomo, e l'appropriarsi dell'essenza oggettiva ed estraniata dei fenomeni corrisponde soltanto ad una sottrazione di realtà, profilandosi come l'ennesimo tentativo di rappresentare, alla vecchia maniera, un assoluto che "è" ma non diviene. Ciò che Renan descrive non è in genere un processo umano, ma un processo divino nell'uomo, il cui vero soggetto è un'idea astratta di verità. La casistica del soggetto e dello spirito libero è degna di un omerica risata in una notte in cui tutte le differenze svaniscono. Le leggi generali che tutto regolano secondo un ordine vero, bello e buono, in qualità di tecniche di allevamento dell'uomo, non lasciano spazio ad alcun scampo trascendentale: l'uomo agisce come una causa, ma non può ottenere deroghe dai propri creditori dell'aldilà. Subordinato al regno universale dell'ordine, si apre l'oscuro regno di natura, storia e società. Alla maniera degli dei insensibili di Epicuro, le regole universali dell'ordine non condizionano le vicende umane, ma spetta all'uomo stabilire connessioni e relazioni tentando di "corrompere il dio con piccoli doni" [6]. Diversamente dall'essere generico di Marx, che distruggendo i falsi idoli costruiva un mondo in cui l'uomo era padrone di se stesso [7], l'uomo scientifico di Renan, attraverso le sue scoperte fa una "domanda di miracolo" per cambiare l'ordine della natura.
Secondo questa lettura, l'uomo è un formicaio che porta il mondo, perché, come osserverà Nietzsche, se pensiamo un mondo senza soggetto, se eliminiamo il soggetto con il pensiero, resta il mondo delle formiche [8]. Nell'interpretazione di Renan l'uomo sta ai valori del vero, del buono e del bello come la formica è ignara dell'uomo che, più grande di lei, la schiaccia con il suo incedere. È dunque a partire dal sentimento di dolore che il mondo (comprese le formiche) può svilupparsi e crescere su se stesso e il sistema dei bisogni insoddisfatti spingere ciascun essere vivente a produrre una coscienza. Quale natura per questa coscienza? "Non c'è alla portata dei nostri mezzi di osservazione", spiega Renan, "una coscienza superiore all'uomo (voglio dire una coscienza riflessa, finita)" [9], "la coscienza di tutto sembra fino a qui molto oscura, non sembra affatto superare di molto quella dell'ostrica e del polipo, tuttavia esiste; il mondo va verso i suoi scopi con istinto sicuro" [10].
Secondo questa lettura, la coscienza dell'uomo risulterebbe soltanto una forma "raffinata" di istinto, che egli ha in comune con gli animali. Ciò che tuttavia sembra distinguere con maggiore precisione l'uomo dall'animale non è tanto la coscienza quanto la ragione, che Renan identifica con Dio. Dio sta alla coscienza come la ragione all'istinto. Per salvaguardare il loro interesse superiore, gli uomini devono sacrificare la loro comune parentela "di coscienza" con il resto del mondo vivente: "la natura, nelle sue combinazioni, sembra aver mirato molto di più ad uno scopo sociale che alla soddisfazione dell'egoismo degli individui" [11]. Il superamento del mero egoismo avviene su due fronti: da un lato con la sublimazione degli istinti nell'ideologia religiosa ("Dio è la ragione di quelli che di ragione non ne hanno" [12]), dall'altro attraverso una procreazione controllata da "sentimenti contraddittori", che, "come i cordami di un vascello […] servono a tirare, a chiudere, a reprimere, a fermare, a eccitare" [13]. Mediante l'abuso delle pene più crudeli, la natura trasforma l'uomo-formica in uomo-polipo [14], il quale per un verso cerca di salvaguardare la propria specificità con l'atto procreativo e per un altro si edifica con "paradisi chimerici" [15], ai quali a mente fredda non riesce a trovare un'ombra di credibilità. Non è più l'astuzia della ragione a creare le condizioni di sviluppo e di crescita della specie umana, ma il persistente egoismo dell'istinto di autoconservazione, che tramite le unità individuali persegue un fine superiore. "Le credenze della religione naturale, tutte derivanti dall'imperativo categorico, hanno l'aria di una rete che ci prende in trappola, di un filtro che ci seduce": secondo un principio di moralizzazione progressiva, l'istinto di autoconservazione si raffina in istinti filosofici, morali ed estetici per preparare l'uomo a collaborare all'inganno che sta a fondamento dell'universo. Non si cerca più, come insegnava Schopenhauer, di sospendere attraverso l'arte, la morale o l'ascesi, la pulsione egoistica che spinge il mondo ad una affermazione violenta. Renan non nega che i contenuti della cultura consistano in formazioni che rientrano nel dominio di un ideale autonomo, ma non li considera nell'ottica dello sviluppo delle forze del nostro essere, da esse portato avanti e sostenuto oltre la sua condizione meramente naturale. Invano ogni tentativo di sottrarsi all'eterno inganno e al limite di una natura egoista. Alla sua origine, tuttavia, vi è perlopiù la violenza di pochi e la rassegnazione di molti: "La morale si riduce così alla sottomissione. […] Questa rivolta dell'uomo è il crimine per eccellenza." [16]. Unica via di uscita sarà combattere i deboli e obbedire ciecamente ai forti, anche a costo di sacrificare la propria individualità. Toccherà al genio-tiranno rinsaldare la propria complicità con Dio, per portare a compimento la grande opera di "allevamento" dei mediocri attraverso l'inganno pianificato, "predicando agli uomini la virtù, pur sapendo perfettamente che non ne ricaveranno alcun vantaggio personale" [17].

Il "capitale" del vero

Se da un punto di vista epistemologico l'uomo ricava i propri contenuti di vita dal regno di ciò che è valido oggettivamente, da un punto di vista storico egli riceve la maggior parte di essi dal patrimonio di lavoro intellettuale accumulato dalla specie. Si presentano pertanto, come osserverà Simmel, dei contenuti preformati pronti per essere realizzati dalle menti individuali [18].
Così Renan considera il processo di accumulazione del capitale-cultura come una costante storica, dal quale si sviluppa un articolato sistema delle rendite e dei profitti: l'imperativo categorico di Renan prescrive di accumulare tanta più forza intellettuale possibile quanto ampia può risultare l'estensione di valori assoluti.
Il desiderio (désir) di arrivare per primi nella strenua competizione per ottenere rendite che liberino dal peso della necessità, favorisce così un'intima ricerca di paradisi artificiali in cui poter guardare dall'alto il mondo che ha le doglie. Se il dolore della competizione rappresenta la nostra normale condizione naturale, la cultura e la civiltà rompono questo equilibrio [19]. Su questo punto Renan non ammette equivoci. L'equilibrio, ottenuto grazie all'accumulo di immensi capitali e il benessere, ricavato dai vantaggi delle rendite, porteranno il mondo alla morte [20], perché l'inizio della storia o il passaggio dall'animalità all'umanità furono "una brusca uscita da una condizione paradisiaca senza individualità, per passare ad uno stato di guerra, di amore e di odio" [21]. Non esiste dunque civiltà senza individualità. La genesi dell'individualità e la sua evoluzione storica sono debitrici del valore-lavoro. Tuttavia in questo passaggio Renan si contraddice. Perché da un lato esalta il benessere sazio dei protagonisti dei paradisi artificiali dove tutto è vero, bello e buono, e dall'altro ammette candidamente che, nel contesto della civiltà moderna, quell'inerzia e quel fatale equilibrio saranno la morte del mondo. Una profezia sull'avvenire del capitalismo o una mera nostalgia di uno stato di natura? Ebbene, l'una opzione non esclude l'altra. L'economia e lo stile di vita determinati dal denaro causano la continua oggettivazione dei rapporti, l'eliminazione di ogni tinta e orientamento personali. Dunque sembra profilarsi la possibilità di un ritorno ad una dimensione pre-individuale in uno stato di natura rovesciato. In questo modo deve sorgere una barriera interna tra gli uomini, che tuttavia è la sola a rendere possibile la moderna forma di vita, e che, nella psicologia di Renan, sfocerà in un atteggiamento razzista.
Se la vita moderna è caratterizzata dall'allontanamento dalla natura a cui costringe la vita economica e la vita cittadina che ne dipende, è tuttavia solo mediante questo allontanamento che riaffiora il vero e proprio sentimento estetico e romantico della natura. In questo senso può essere inteso il richiamo di Renan a quella condizione paradisiaca senza individualità, un'immagine lontana, che sta davanti come una promessa mai completamente mantenuta. Lo sviluppo dell'economia capitalistica determina dunque un "ritorno" ad una condizione "virtualmente" paradisiaca di un mondo artificiale dalla breve durata: "solamente con la scienza […] comincia veramente il riflettersi dei raggi dell'universo. Si può dire quindi che l'umanità è la più alta espressione, a noi nota, della vita della natura […]. Fra qualche centinaio di migliaia di anni […] allora la Terra sarà come la luna, un pianeta esaurito, che ha compiuto il proprio destino e consumato il suo capitale planetario di carbone, di metalli, di forze vive, di razze. Il destino della Terra non è infinito" [22]. Ma la speranza è l'ultima a morire, perché "lo sviluppo razionale del mondo", chiarisce Renan, "non è subordinato a quello dell'uomo né alle ristrette risorse del globo terrestre" [23]. L'oggettivazione si può impadronire della produzione sia nei confronti del soggetto che produce che nei confronti di quello che consuma. Attraverso questo processo la produzione si trova al di là delle differenze sociali o d'altro tipo: "forse un giorno l'intero universo sarà associato in un'unica compagnia con un unico capitale. Le risorse per lo sviluppo dello spirito saranno allora inesauribili; si intraprenderà la conquista dell'ideale con una disponibilità di mezzi praticamente infinita" [24].
È emblematico come Renan avverta la necessità di salvare la propria teodicea, rilanciando la teoria ben oltre i suoi stessi limiti: "il capitale del vero, benché risulti da piccole economie, aumenta sempre" [25]. Secondo questo vettore si produce, come direbbe Simmel, un avanzamento della cultura delle cose e l'arretratezza della cultura delle persone, che in Renan sfocia in una ideologia razzista: "l'assenza di sane idee sull'ineguaglianza delle razze può condurre ad un decadimento generale" [26]. L'idealizzazione del lavoro costante dell'umanità per la secrezione del vero, alla cui origine vi è lo spettro di una natura matrigna, conduce dal sacrificio delle individualità al colpo di frusta dell'ineguaglianza delle classi. Mentre Schopenhauer cercava di sospendere la lotta di tutti contro tutti, ricorrendo alla morale della compassione, Renan sente il bisogno di inasprire ogni scissione per inaugurare l'ingresso di nuovi tiranni, che vivono delle briciole della tavola del mondo. Questi nuovi detentori di un immenso capitale nonché fruitori beneficiari delle rispettive rendite, avranno il compito di dominare una massa materialistica da loro stessi creata. Quando la sorte del mondo dipende da un solo uomo o da un piccolo numero di uomini, il progresso segna la propria decadenza: è il momento in cui le province insorgono dal loro "letamaio"; l'umanità nel suo complesso non potrà raggiungere alcun equilibrio duraturo se le sicurezze dipenderanno dall'estrazione di un biglietto di lotteria. Il capitalista del vero sarà sempre debitore di indelebili perdite.

I futuristi dell'assoluto

Molte braccia per un solo profitto, infiniti talenti per un unico scopo. Attraverso i sentieri bui della selezione delle coscienze, una nuova aristocrazia di ingegneri di anime eserciteranno un dominio sicuro su una folla disarmata. Scienza e metafisica si fondono e confondono: "bisogna concepire un piccolo numero di saggi che controllano l'umanità con dei mezzi segreti di cui la massa non potrebbe servirsi, perché questi presuppongono una quantità eccessiva di conoscenze astratte" [27].
Renan è costretto a prendere le distanze da quella metafisica del sospetto che cerca le componenti enigmatiche dei fenomeni non nel mondo dell'aldilà, ma dentro le cose, per "santificare" la realtà. Il timore che il proprio itinerario filosofico possa essere equivocato con l'hegeliana ricostruzione dell'assoluto, ("Hegel è morto" [28]) conduce Renan a definire i contorni di una metafisica autoritaria: "l'ideale esiste. Esso è eterno" [29].
Non si tratta, in quest'ultimo caso, di quella metafisica poetica che spinge il filosofo o l'artista a scoprire il mondo come popolato da una folla di cose-cause strane, sconosciute, solitarie, che possono essere tradotte in pittura o descritte in un romanzo filosofico. Perché sarebbe necessaria una grande sensibilità di cui Renan, suo malgrado, non sembra disporre. Georges Sorel lo descrive come "sballottato tra la propria intuizione, quasi sempre meravigliosa, e una filosofia che non può accostarsi alla storia senza cadere nella banalità […], tenuto a ragionare secondo l'opinione scientifica dei suoi contemporanei" [30]. L'atteggiamento idealistico-razionale di Renan non comprende l'idea di una estetica metafisica basata sull'esperienza della vita. Le nozioni renaniane di verità o di bellezza appaiono fredde e impersonali perché fuori contesto e frutto di una serie di astrazioni dagli originari contesti di esperienza. Sono delle vere e proprie immagini motrici come pensò Sorel per i propri miti politici. Nella "nuova metafisica" di Renan, la voglia di mito è efficace solo in quanto funziona, in quanto produce degli effetti, ma resta epistemologicamente inconsistente, né vero né falso. Si passa dunque alla tesi che non esiste una corrispondenza ontologica fra pensiero e realtà e che unicamente il mito dell'assoluto o della ragione che dopo aver organizzato l'umanità, organizzerà Dio [31], può dare un senso a un mondo che in se stesso ne è privo.
Perché una volta raggiunto il suo massimo sviluppo, l'economia capitalistica avrà reso la terra dell'avvenire un pianeta sazio popolato da idioti, "che si scaldano al sole, nella sordida pigrizia di esseri che non mirano che ad avere il necessario per la vita materiale" [32]. Questa profezia, dai toni marcatamente pessimistici, non sembra tuttavia ridursi ad un mero invito alla rassegnazione. La scienza, sfruttando le energie alternative, e l'arte della guerra, come forza militare organizzata in pugno ad una aristocrazia di eletti, rappresenteranno utili misure correttive per contrastare le contraddizioni del capitalismo avanzato. Secondo Renan dunque la scienza non può ammettere esitazioni etiche e tanto meno estetiche. Essa rappresenta la regola dell'ordine e del dominio incondizionato di pochi sulla maggioranza. Scienza diverrà inoltre sinonimo di una coscienza che opererà una radicale riforma del mondo istintivo: "fin qui infatti, i progressi della coscienza si sono avuti solo grazie alle semplici forze della natura, mediante un istinto che differisce di poco da quello che presiede alla nascita ed allo sviluppo degli animali. La riflessione scientifica un giorno vi penetrerà" [33]. La secca rimozione delle pulsioni vitali che spingono il soggetto ad una affermazione creativa all'insegna di un rapporto etico con la natura, determinerà la morte dell'arte: "il progresso dell'umanità non è in alcun modo un progresso estetico" [34]. Il "nuovo" assoluto di Renan non conosce né arte, né religione, né filosofia, ma costruisce le tecniche del sapere e del controllo da applicarsi a quella coscienza che, in molti individui, non è ancora completa: "lo scopo della natura, invero, non è che tutti gli uomini vedano la verità, ma che il vero sia visto da qualcuno e che se ne conservi la tradizione." [35]. Questi infatti non hanno ancora raggiunto un'identità omogenea, tanto definita come quella che si può osservare nei componenti dei gruppi organici. Perché la "vera" coscienza, secondo Renan, "è una risultante di milioni di altre coscienze che concordano in un medesimo scopo" [36]. Occorre pertanto attuare un dispositivo di selezione che operi fra i differenti livelli di coscienza per sfruttare al massimo le costanti dell'ereditarietà e dell'atavismo: "ogni essere ha vissuto nei suoi antenati, ha subito le loro attitudini, ha obbedito ai loro desideri ed ai loro sentimenti dominanti. Il pronipote del servo è ancora curvo" [37]. È a partire da questa ultima nota che Renan giunge a concepire una futura coscienza dell'umanità, in cui tutte le coscienze individuali formeranno una sola coscienza, perché "lo scopo perseguito dal mondo, lungi dall'essere il livellamento delle vette, deve essere al contrario la creazione di dei, di esseri superiori, che il resto degli esseri coscienti adorerà e servirà, felici di servirli" [38].

I nuovi eroi e il loro pubblico

Hegel, nella sua filosofia della storia, definiva le possibilità concrete di liberazione dell'individualità nell'itinerario della storia mondiale, in virtù della capacità, riscontrabile in particolari personalità (a partire dal caso di Socrate), di opporsi allo status quo di doveri, leggi e consuetudini esistenti, per creare un nuovo ordine di cose, oggettivando, per così dire, il contenuto della propria libera autocoscienza [39].
Renan, diversamente da Hegel, punta invece su un esperimento immaginario. Il passaggio dalla coscienza alla ragione è segnato dalla "produzione" dei grandi uomini ad opera di una scienza antidemocratica. Non si tratta più, come voleva Hegel, di rendere possibile il regno della libertà realizzata attraverso la mediazione della coscienza di un popolo, perché nella prospettiva di Renan "l'opera del liberatore sarà compiuta da un uomo, non da una massa" [40]. Questi nuovi eroi sono a loro volta soggiogati da un fine superiore e, sottostandovi, devono rinunciare a se stessi, ottenendo in cambio una poltrona nel parlamento della scienza.
Essi divengono persone giuridiche solo in quanto individui privati. Per questi può valere soltanto una legalità astratta. Questo tipo di uomo disincantato come io, che non fa parte del regno cristiano di Dio e non ha nessun incarico nel regno spirituale del mondo di Hegel, fa intervenire nell'azione concreta soltanto la propria autorità soggettiva del dominio, "così ci si può immaginare il tempo", spiega Renan, "in cui un gruppo di uomini regnerà su tutti gli altri con diritto incontestato" [41]. Completamente ignari della trasparenza di una ragione liberatrice, questi nuovi maghi del consenso esercitano sulle masse un potere virtuale, sostenuto, prima dalla forza della superstizione, poi dalla tecnica scientifica, che disporrà di un inferno reale. Da pura strategia magico-virtuale, appannaggio della pratica religiosa, questo potere si trasforma in sapere tecnico: "i dogmi cristiani hanno avuto la forza di bruciare coloro che li negavano; accadrebbe quindi che i dogmi scientifici annienterebbero direttamente e ipso facto coloro che non vi credessero" [42].
Mentre nello stato di natura la paura era un sentimento naturale, adesso nel mondo creato dalla scienza la paura diventa una creazione artificiale. L'uomo scientifico succede al vecchio Dio creando seconde e terze nature, la cui risultante sarà un'umanità da allevare nelle serre del profitto.
Renan sente da vicino la morte di Dio, da non confondersi con l'esperimento mentale di Hegel, volto a liberare la coscienza infelice del soggetto da uno stato di minorità [43].
Con il passaggio di testimone dalla religione alla scienza (e non dall'arte ad una scienza "gaia", come vorrà Nietzsche), il vecchio sacerdote è soppiantato dal tiranno positivista. Ben lungi dall'incarnare la tensione patetica e romanzesca dell'individuo cosmico-storico di Hegel o la tempra spirituale del superuomo nietzscheano, il tiranno di Renan ben si identifica con il funzionario di apparato. Non c'è più alcuno spazio per le forti passioni e per i grandi ideali di emancipazione nel caso in cui le masse affidano, come vuole Renan, la propria ragione ad una casta di burocrati del vero. Resta in quest'ultimo caso soltanto lo spazio per un potere bieco, sostenuto dalla pratica quotidiana del terrore. Questo potere è esercitato da coloro che favoriscono la persistenza dell'istinto di autoconservazione attraverso la pianificazione razionale di un dispotismo teologico-politico [44]. Obiettivo primario è pertanto la conservazione della specie, anche a costo di sacrificare l'uguaglianza e la dignità degli individui.
In questo regno dell'ordine viene meno qualsiasi corrispondenza ontologica fra soggetto pensante e realtà. Con la creazione di nature artificiali ad opera dello scienziato che sa e che può, l'uomo diventa un essere contro natura, destinato tuttavia a perdere nella sfida evolutiva. Da questa opera di selezione artificiale si dovrebbe sviluppare una razza superiore "con il diritto di governare non solo per la sua sapienza, ma per la superiorità stessa del suo sangue, del suo cervello e dei suoi nervi." [45]. Questi nuovi eroi, in quanto possono vivere soltanto in ambienti artificiali, prima o poi finiscono per cadere, come baccelli svuotati del seme. Renan parla infatti di "difficile conservazione" di simili esseri contro natura [46], perché la "produzione" dei devas è valutata come un "capitale". La scienza deve in questo senso riprendere l'opera della natura per superare i limiti propri del soggetto pensante e creare, in nome del puro potere, attraverso una lunga serie di selezioni e accumulazioni, una razza superiore, con il diritto assoluto di governare.
devas sono infatti esseri contro natura, che hanno sviluppato un organo attraverso l'atrofia di un altro; in essi la forza del pensiero e la magia del concetto sono soppiantate dal potere dell'opinione vana e della superstizione. Per questo sono al contempo esposti al più alto rischio di sopravvivenza.
Per scongiurare l'imminente minaccia di una crisi di potere dei devas, causata dall'impoverimento delle risorse del pianeta e dall'alterazione di qualsiasi equilibrio naturale, il filosofo considera il sistema dei bisogni umani come la sorgente di legittimità per lo strapotere della scienza. Se l'uomo non potrà mai rinunciare ai propri bisogni ("la migliore garanzia è il bisogno" [47]), compito della scienza sarà di rinsaldare la sua dipendenza da questi, con il risultato di un grande centro di potere sempre più universale che pensa (le strategie di consenso) e gode (attraverso i bisogni) in milioni di individui. Un minuzioso ritratto della futura società del capitalismo avanzato. È evidente come nella riflessione di Renan siano maturate molte tendenze che caratterizzeranno la condizione dell'uomo e della natura nella fase matura del capitalismo, in cui l'uomo potente e ricco sacrifica la vita di molti milioni di individui indigenti ("il mondo non è che una serie di sacrifici umani" [48]), per assecondare i propri bisogni artificiali, falsamente creati per legittimare il potere artificiale di pochi sul mondo. "La massa lavora e alcuni svolgono per suo conto le funzioni elevate della vita: ecco l'umanità." [49]. Il lavoro di pochi "che vivono per tutti" non favorisce la liberazione dell'umano dalla dipendenza naturale ma è assunto come un dispositivo di differenziazione sociale. Come un ingranaggio di una grande macchina, ogni classe sociale esegue il sacrificio quotidiano delle unità individuali, lavorando inconsapevolmente a spese dell'avvenire. La profonda immoralità che segna l'itinerario filosofico di Renan è causa della propria stessa disfatta, inaugurata dall'esaurimento del pianeta e dalla cultura della guerra. I pensieri viziati del benessere e del vizio sregolato di una borghesia sazia, si surriscaldano nelle file di un'umanità allevata in serra. È l'artificio a regnare sovrano, con il trionfo della tecnica e il tramonto di quella metafisica che santificava la vita attraverso il riconoscimento delle differenze. Resta, per un verso, lo spazio oscuro di una mondanità accelerata in cui lo scienziato crea chimicamente i sapori artificiali delle cose per il grande pubblico, per un altro, la gerarchia e i sacrifici della società delle divise, che innalza riti a feticci deformi per guadagnarsi una fetta di cielo: "in questa piramide del bene, innalzata dagli sforzi successivi degli esseri, ogni pietra conta. […] Noi viviamo in proporzione alla parte che abbiamo avuto nell'edificazione dell'ideale." [50].
All'interno di questo quadro, non sembra esserci spazio per alcuna forma di coscienza che procede dialetticamente per opposizioni tra il soggetto e tutto ciò che immediatamente differisce per le proprie qualità specifiche. Le limitazioni appartenenti alla dimensione della coscienza e le opposizioni attraverso cui si costruisce lo spazio di autonomia dello spirito libero, inteso hegelianamente come il volere libero, che è per sé unità di spirito teoretico e pratico [51], in Renan sono subordinate all'idea assoluta che richiede la necessità di un atto di fede per un'identificazione totale. Il bisogno universale di crescita si concretizza nel congedo da un assoluto dal volto umano, che è una rinuncia alla libertà razionale.
Il richiamo di Renan alle antinomie della ragione resuscita la possibilità di ripensare il bisogno di assoluto come la condizione di possibilità per una esperienza storica della vita.

I segreti della storia

Renan sente il bisogno della riflessione storica come contrappeso alle speculazioni sempre più astratte, prodotte da una conoscenza sempre più lacunosa. Ma la valutazione del "progresso" storico è destinata a cadere nella trappola di quegli stessi orientamenti teorici che hanno fatto da sfondo alla sua teodicea. Il filosofo ricerca una legge di progresso nella concatenazione dei fatti storici, in cui tutto sembra collegato da una ragione segreta e ogni momento "ha la sua ragion d'essere nel momento anteriore" [52]. L'obiettivo primario dell'indagine storica di Renan consisterebbe nello stabilire una teleologia a ritroso, per andare alla ricerca di un tempo perduto in cui il pianeta Terra non esisteva ancora. Parallelamente alla teodicea cosmica, secondo cui occorreva sacrificare le mere unità individuali per legittimare il potere dell'assoluto, così lo storico non può concepire una storia esclusiva del singolo pianeta Terra, ma occorre piuttosto che si metta alla ricerca di un corpo più esteso in un'epoca anteterrestre, da cui l'individualità di quella deve aver tratto origine. Renan recupera il mito del Sole, con l'implicito riferimento all'idea di bene platonica, o alla stessa divinità di febo Apollo, per affermare la tesi che "la storia del mondo è la storia del Sole" [53] seguita dal corollario secondo cui "il piccolo atomo, separato dalla grande massa centrale attorno alla quale gravita, non conta quasi nulla" [54]. È significativo come in Renan la riflessione storica sia fortemente in debito con la già richiamata teodicea metafisica: "prima che la religione arrivasse a proclamare che Dio deve essere considerato assoluto e ideale", spiega il filosofo, "ossia concepito al di fuori del mondo, un solo culto fu ragionevole e scientifico, il culto del Sole." [55].
Se ciascun ente sulla Terra è debitore dell'energia solare che dà vita e forza a milioni di corpi, così la chimica diventa la storia del più antico periodo del mondo, la storia della fondazione della molecola. La chimica precede pertanto la scienza astronomica per ridurre i corpi complessi alle loro unità semplici e ricostruire (questo è per Renan il vero modo di fare storia) la possibilità di creare un mondo artificiale. Occorre poi spogliare l'ente di ogni qualità chimica per ridurlo, mediante una lenta manipolazione, all'atomo puro, oggetto della fisica meccanica. Il ritorno alla natura sognato da Renan, si concretizza nel recupero di uno stadio primitivo in cui tutto si presenta con il medesimo aspetto e non c'è più spazio per alcuna individualità distinta. Se la ricerca storico-antropologica dimostra che vi è stato uno stadio del mondo in cui la materia è esistita senza qualità intrinseca, senz'altra determinazione che la quantità della sua massa, la meccanica, che studia questi processi potrà risultare determinante nell'approccio all'universo umano. Di fronte al potere della meccanica la ragione si inabissa e perfino la stessa matematica è una forma di metafisica, incapace di rivelare le leggi segrete della natura che si fa storia [56]. Il pragmatismo di Renan si concretizza nell'imporre ai fenomeni un dispositivo di decelerazione, per frenare la continua spinta affermativa che contraddistingue la vita del pianeta Terra. Se il segreto della storia è il progresso, che ha fatto procedere il mondo dall'antico regno della meccanica fino al mondo umano cosciente, l'uomo che vivrà nel pianeta esaurito delle proprie risorse, dovrà saper creare un dispositivo di selezione artificiale per ottenere nuovi equilibri che vadano a sostituirsi progressivamente ai ritmi naturali, fino a varcare realmente i limiti del proprio pianeta ed estendere la sua pulsione distruttiva al di là di esso [57].
"Cosa diventerà il mondo […] quando la chimica, invece di ottant'anni di progresso ne avrà cento milioni? […] Chissà se, possedendo il segreto della materia, un chimico predestinato trasformerà tutte le cose? Chissà se, possedendo il segreto della vita, un biologo onnisciente ne modificherà le condizioni, ed un giorno le specie naturali saranno considerate resti di un mondo invecchiato e inospitale, le cui reliquie si custodiranno con cura nei musei? Chissà, in una parola, se la scienza infinita ci offrirà il potere infinito, secondo il bel motto baconiano: «Sapere è potere»? L'essere che dominerà una tale scienza e un tale potere sarà davvero il padrone dell'universo e supererà i limiti del suo pianeta, poiché per lui lo spazio non esisterà più. Un solo potere governerà concretamente il mondo e sarà la scienza, il pensiero." [58]
All'interno di questo quadro, non è più Dio a fare la storia ma è la storia che costruisce progressivamente un'esistenza totale che diventa sinonimo di divinità. Non è più l'essere eterno, la causa non causata, a creare il divenire ma questa volta è Dio il fine (e la fine) del divenire. Il trionfo dell'assoluto di Renan coincide storicamente con il trionfo del capitalismo con la "capitalizzazione delle scoperte" [59], con l'esaurimento del pianeta e la distruzione chimica dell'uomo. Il raggiungimento dell'essere equivale alla creazione di condizioni di vita per un non essere. La faticosa conquista dell'ideale, condurrà l'uomo al sacrificio assoluto, perché questo ideale corrisponde alla morte dell'uomo: "la coscienza, in effetti, è per noi un risultato e il risultato sparisce con l'organismo da cui deriva, l'effetto se ne va insieme alla sua causa: decomposto il cervello, la coscienza dovrebbe dunque sparire" [60]. Ma che cosa resta di una personalità senza coscienza, come vuole Renan? L'anima, secondo il filosofo, privata della coscienza, è sinonimo di una personalità individuale che "non sta da nessuna parte" [61] fuorché in Dio, il premio per il sacrificio di sé.
L'essere morale dell'uomo descritto da Renan, non è dunque il risultato, come in Hegel, di quel processo riflessivo che determina ed elabora la persona (giuridicamente astratta) come soggetto, il quale rappresenta l'esistenza del concetto di sé (la libertà dell'uomo, il suo volere in qualità di soggetto elaborato) [62]. In Renan, la moralità si conquista attraverso il sacrificio di sé, rimettendosi a Dio, alla "coscienza generale". Non è concesso pertanto alcuno spazio per un percorso di elaborazione personale, orientato a rendere l'individuo autocosciente della possibilità di esistere come soggetto, di esistere effettivamente come causa sui: "la natura non è che un'apparenza e l'uomo non è che un fenomeno. C'è il nucleo eterno, c'è l'infinito, la sostanza, l'assoluto, l'ideale; […]. Ecco il padre dal cui seno proviene tutto e al cui seno tutto ritorna." [63].

Morte metafisica

"Hegel è morto", e l'unica scuola che resta in piedi è quella positiva, che rivendica per sé l'avvenire dopo aver compiuto il "funerale della speculazione astratta". Questa la presa di posizione di Renan. Quali sono le implicazioni di questa svolta antimetafisica, che resta la sua vera intenzione filosofica? L'intenzione di annullare ogni opzione metafisica rende praticabile concretamente l'antropotecnica positiva, perché con la morte del concetto che custodiva l'universo delle possibilità si smascherano i "segreti" contenuti nelle alte speculazioni che, sostenute da un articolato impianto logico, racchiudevano sapientemente le risorse per una percezione e un vissuto del reale anche fuori dal campo ristretto di un mero positivismo. Secondo quell'atteggiamento, era pertanto possibile prendere distanza dai "fatti" in virtù di quel percorso teoretico che presumeva un "ritorno alle cose stesse" al termine del proprio processo di maturazione. Non consistendo in un semplice ritorno all'identico, che avrebbe segnato la fine della vita, quel percorso significava un movimento di autocreazione dell'uomo alla luce della propria crescita razionale (coscienza, autocoscienza, dimensione morale ed etica). Questo era possibile perché l'autocoscienza dell'altro-da-sé garantiva, mediante una sorta di riflesso condizionato, la praticabilità di questo ritorno alla "cosa" stessa, ossia al proprio essere "causa". Il modello di soggettività che scaturiva da quel processo era di un tipo psicologico fondamentalmente predisposto all'utopia, all'immaginazione e al sogno.
La morte metafisica è invece il termine di questo modo di guardare alla storia delle idee [64]; un fenomeno che potremmo assimilare, secondo le parole di Nietzsche, ad un processo di lenta corrosione delle personalità fino all'eterna mancanza del soggetto [65].
Come è accaduto alla stessa filosofia dello spirito di Hegel nella critica dei giovani hegeliani, per Renan, il positivismo di Comte, resta ancora fortemente segnato dalla filosofia della storia ebraico-cristiana e condizionato dalla forma sistematica, dallo spirito geometrico [66]. Dunque egli scarta sia l'opzione metafisica, in quanto pericolosa minaccia per la presunta serietà dell'indagine scientifica, preferendo non attribuirgli un posto di valore nella storia dello spirito umano: "la metafisica somiglia troppo a queisutra buddisti, vasti portici, preamboli senza fine nei quali si annuncia per tutto il tempo una perfetta rivelazione" [67], sia l'argomentazione logica e il rigore geometrico, proprio delle scienze esatte. Quest'ultima nota è gravida di conseguenze. Le vere intenzioni filosofiche devono essere taciute alla maggioranza, che deve sentire l'eco del pensiero senza vedere lo strumento che la emette. Tuttavia ogni intelletto umano ha avuto il suo modo di concepire il mondo ed è stato così uno specchio metafisico dell'universo; elevato al di sopra dei fatti ne ha viste le leggi, la ragione, l'armonia, la bellezza.
Renan intende negare il potere pratico dell'interpretazione, appannaggio di ogni buon filosofare. Benché Renan non si esima dal riconoscere una certa "persistenza del sentimento filosofico" che accomuna filosofi, artisti e poeti, quelli che egli definisce gli interpreti "della grande poesia che nasce dalla natura e dall'anima" [68], la ragione non può creare la verità poiché l'uomo cerca ora il potere della tecnica per ricondurre il mondo fisico ed etico a leggi chimiche, fisiologiche e storiche. Non è più indispensabile che l'individuo biologico si senta a proprio agio nel mondo e che i "suoi" predicati esibiscano la certezza del proprio divenire "soggetto" razionale. La metafisica positiva è la morte della metafisica razionale, perché segna il tramonto della personalità libera e infinita, con la conseguente estinzione del sentimento di felicità etica, ricavato dal costruire l'esperienza della libertà. Se per Renan la storia e la natura non rivelano un piano delineato in anticipo, l'uomo che egli intende delegittimare è colui che, al contrario, possiede in virtù di un a-priori intuitivo la forza e il coraggio di far irrompere nel mondo l'impulso della libertà rischiando perfino la corruzione [69]. Nella prospettiva di Renan, questo processo di alta moralità, orientato a garantire l'estensione del dominio della libertà realizzata, è appannaggio esclusivo del Dio che, immaginato secondo un "antropomorfismo psicologico" [70], esige dalle proprie creature grandi sacrifici. Sugli uomini si applicherà di nuovo una legge, che li costringerà alla disciplina, "quando parla la ragione, noi non abbiamo il diritto di avere un desiderio, ma dobbiamo soltanto ascoltare, pronti ad essere trascinati, legati mani e piedi" [71], similmente a quanto avveniva nell'antico mondo teologico militare anteriore alla Rivoluzione francese, e determinerà secondo rigide norme i loro sentimenti, i loro pensieri e la loro volontà.

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